
Non lo hanno ascoltato, lui che aveva vinto le elezioni politiche, su un tema politicamente centrale come l'immigrazione clandestina. Per questa ragione il leader della destra olandese Geert Wilders è uscito dalla maggioranza di governo, con le conseguenti dimissioni del premier Dick Schoof e probabilissime elezioni anticipate. E' crisi di governo in Olanda, a meno di un anno dalla nascita dell'esecutivo che sembrava avesse superato l'impasse elettorale post voto con un complesso accordo fra partiti.
Nel novembre 2023 Wilders aveva ottenuto la maggioranza relativa dei voti conquistando 37 dei 150 seggi della camera bassa del parlamento, più del doppio rispetto alle elezioni del 2021. Un successo per la destra orange, che voleva mettere ordine in un settore che incide pesantemente nelle vite dei cittadini. Al secondo posto era arrivata l'alleanza di «sinistracentro» composta dal Partito del lavoro (Pvda) e dagli ambientalisti, guidata dall'ex commissario europeo Frans Timmermans, già chiamato mister 2035 per via del suo stop ai motori termici.
Ieri la decisione di staccare la spina, perché il leader del partito Pvv non ha ottenuto ciò che chiedeva agli alleati: il sostegno immediato alle proposte della sua piattaforma come il ritorno dei rifugiati siriani in patria, la chiusura dei centri di accoglienza per richiedenti asilo, il rafforzamento dei controlli alle frontiere e l'espulsione dei cittadini con doppia cittadinanza che hanno commesso un reato su suolo olandese. Ovvero tutto il programma con cui un anno e mezzo fa aveva vinto le elezioni anticipate. Eppure Schoof non era a digiuno di sicurezza e immigrazione, avendo ricoperto ruoli primari a capo del servizio di immigrazione e naturalizzazione, del dipartimento per la sicurezza e l'antiterrorismo, finanche dell'intelligence e del Ministero della giustizia e della sicurezza. Schoof rimarrà primo ministro ad interim per sbrigare gli affari correnti, ma ha attaccato a testa bassa la decisone di Wilders definendola irresponsabile e inutile. Poco meno di un anno la durata del suo esecutivo, una primizia per un paese politicamente solido come l'Olanda che solo altre due volte ha vissuto un'esperienza del genere con i governi di Balkenende e Van Agt.
Si mostra preoccupato, intanto, il tessuto produttivo olandese per l'immediato futuro, come emerge da una serie di richiami alla stabilità che giungono da varie categorie. Perplesse le imprese, secondo cui questa situazione è un «male per gli imprenditori olandesi», al pari degli agricoltori che si dicono «ancora a mani vuote dopo sei anni di stagnazione, il caos è totale», denuncia Roy Meijer, presidente del consorzio NAJK. «Non possiamo preparare il nostro settore al futuro, perché non abbiamo ancora ricevuto i permessi per l'azoto e non abbiamo ancora chiarezza sugli obiettivi che ogni azienda deve raggiungere», aggiunge. Sul versante economico si moltiplicano le incertezze, come ammesso dal capo economista per i Paesi Bassi di ING Bert Colijn, secondo cui i ritardi nelle necessarie misure governative non saranno un fattore positivo per l'economia nazionale.
Anche il settore energetico è deluso dalla crisi politica. «Un governo provvisorio significa ritardi nel processo decisionale e nella legislazione, mentre dobbiamo fare progressi ora», spiega Cora van Nieuwenhuizen, a capo dell'associazione di categoria Energie-Nederland.