
Gli inni nazionali e le bandiere vicine potevano essere solo estetica. Invece è emersa una sorta di agenda comune, che il Foglio ha ribattezzato «Agenda Macroni». Meloni e Macron hanno infatti messo sul piatto impegni e dossier condivisi. Anzitutto, smetterla di far sentire voci dissonanti; quando in realtà, pur in anni di dissidi, Roma e Parigi su vari temi hanno battagliato a braccetto a Bruxelles, a porte chiuse e sul piano ministeriale.
Sull'immigrazione, da quando ministro dell'Interno è il neogollista Retailleau, nominato a settembre, la musica sulla gestione dei flussi è cambiata, a Parigi. Le due agende, sul punto, sono ora sostanzialmente sovrapponibili. Si tornerà alla carica in chiaro per portare a casa l'implementazione di nuove norme per gestire l'asilo in modo più efficace e solidale tra Stati membri attraverso il Patto Ue approvato dall'Eurocamera nel 2024. Chiama i singoli Stati all'attuazione. Si lavorerà gomito a gomito. Scaldano invece i motori gli sherpa, perché l'agenda «Macroni» ha bisogno pure di preparazione «tecnica» più stretta su punti in divenire e di chiarimenti lampo per vie informali prima d'arrivare a Bruxelles. La prima novità sta nel nella preparazione del Consiglio europeo del 26 e 27 giugno. Nell'ordine del giorno provvisorio, «la competitività è solo al punto 6», nota uno sherpa. «L'agenda Macroni» proverà a farlo salire più in cima, senza dimenticare Ucraina e Medio Oriente. Poi la stesura del quadro finanziario pluriennale, l'allargamento e le riforme Ue.
Forti le convergenze anche sulla competitività: da attuare perseguendo «semplificazione normativa e investimenti pubblici e privati» per potenziare pure la difesa europea. Ma c'è un altro capitolo su cui Meloni e Macron hanno stabilito di dover lavorare: l'energia. Sviluppo nucleare per «creare un ecosistema europeo competitivo, rilocalizzare l'industria e rafforzare gli obiettivi climatici». Dai piccoli reattori modulari a quelli avanzati, alla gestione dell'uranio, c'è l'impegno del Commissario francese Séjourné. Ansaldo e Edf hanno le carte per far marciare il progetto. Serve un boost politico alla tabella di marcia tematica: e nel 2026 a Parigi per un «tagliando». Intanto, applicare il principio di neutralità tecnologica e far concorrere le imprese ad armi pari. Niente giochini fuori dal binario «Macroni», né inviti ad excludendum all'Eliseo. Difendere export e crescita, e riportare Trump a miti consigli col grimaldello del gas. La numero uno della Bce Lagarde l'ha chiamata «strategia degli assegni». Prima dell'invasione dell'Ucraina, l'Europa comprava 150 miliardi di metri cubi di gas da Mosca; dagli Usa meno di 19, ora già attorno a 60. Il problema sta a Parigi, maxi-importatore Ue di Gnl russo, oltre 2 miliardi e mezzo l'anno scorso. Meloni spinge per una strategia in tandem: comprarne di più dall'America, a cui chiedere impegni maggiori per la pace tra Mosca e Kiev.
Tango a due poi su banche, industria auto e siderurgica, settore Ai e spaziale, dove gli interessi sono «collegati». Amicizia competitiva, insomma. Senza colpi bassi. Stop bordate da ministri in cerca di visibilità e ambasciatori allertati: sorveglieranno di più, segnalando spie d'allarme.