Coronavirus

Imprenditori al collasso: sfumati 55 miliardi di Pil. Molti non riapriranno più

Da Confesercenti a Cna alla Cgia di Mestre un solo grido d'allarme: "Lo Stato ci aiuti"

Imprenditori al collasso: sfumati 55 miliardi di Pil. Molti non riapriranno più

La pandemia di coronavirus sta facendo collassare tutti i settori produttivi e l'economia italiana è già in ginocchio. Secondo Confesercenti, il prolungamento del lockdown fino al 13 aprile costerà al sistema Italia altri 5 miliardi di euro di consumi e quasi 8,5 miliardi di Pil in meno. L'ulteriore diminuzione si aggiunge ai 30 miliardi di consumi e 55 miliardi di Pil già bruciati fino ad ora dall'emergenza. E il conto dei danni potrebbe essere ben più salato in caso di prolungamento del fermo delle attività economiche. «Senza un intervento contenitivo di grande respiro, si rischia di arrivare a fine anno con una contrazione dei consumi fino a 83 miliardi, con una caduta del Pil del 9%», sottolinea la confederazione guidata da Patrizia De Luise che invoca «un'iniezione rilevante di liquidità perché migliaia di imprese potrebbero non riaprire più».

Identico allarme proviene da Confindustria Bergamo che rappresenta imprese che producono 16,5 miliardi di valore aggiunto e il 2% del Pil nazionale. Secondo l'Osservatorio mensile dell'associazione industriale, il 52% delle aziende orobiche non ritiene di poter continuare la propria attività a causa dell'emergenza senza un supporto del governo o delle istituzioni, mentre un altro 32% presume di poter continuare al massimo per un anno. Il restante 48% si divide tra una quota considerevole (32%) di aziende che ritiene di poter resistere al massimo un anno, mentre solo il 4% ritiene di poter proseguire. L'84% delle imprese ha già chiesto o chiederà la cassa integrazione al massimo entro sei mesi. Il restante 16% si divide tra l'incertezza (5%) e l'intenzione di non ricorrervi (11%). Tra i richiedenti, uno su due (48%) la attiverà per il 70-100% dei dipendenti.

La Cgia di Mestre, invece, stima la perdita di fatturato delle imprese artigiane italiane ammonterà almeno a 7 miliardi di euro a causa del mese di chiusura imposto dalla pandemia (dal 12 marzo al 13 aprile). In base alle stime dell'Ufficio studi degli artigiani mestrini i comparti più colpiti sono le costruzioni, ad esempio(-3,2 miliardi ), la manifattura (-2,8 miliardi) e i servizi alla persona (-650 milioni). «L'artigianato rischia di estinguersi, o quasi, in particolar modo nelle piccole città e nei paesi di periferia, molte attività a fronte dell'azzeramento degli incassi, degli affitti insostenibili e di una pressione fiscale eccessiva, non reggeranno il colpo e saranno costrette a chiudere», ha segnalato il coordinatore dell'Ufficio studi Paolo Zabeo, aggiungendo che «se la situazione non migliorerà entro la fine di maggio, è verosimile che entro quest'anno il numero complessivo delle aziende artigiane scenderà di almeno 300mila unità: vale a dire che il 25% del totale».

Ancora peggiore il quadro per il comparto del turismo, che genera circa il 12% del Pil italiano. Secondo le stime elaborate da Cna, nel primo semestre del 2020 i ricavi del turismo subiranno una contrazione del 73%. Il giro d'affari atteso è di appena 16 miliardi di euro rispetto ai 57 miliardi dello stesso periodo dell'anno scorso. Compromessa anche la stagione estiva: la confederazione degli artigiani prevede che tra luglio e settembre mancheranno all'appello circa 25 milioni di stranieri. Il consuntivo del primo trimestre mostra una flessione del fatturato di 15,6 miliardi mentre per il secondo trimestre è prevista una contrazione di oltre 25 miliardi, anche tenendo conto di un allentamento delle misure restrittive. Il segmento più colpito è la ricettività alberghiera ed extra-alberghiera con un crollo del giro d'affari di 13 miliardi nella prima metà del 2020, da 17 a 4 miliardi di euro.

Ecco perché il presidente del Consiglio nazionale dei commercialisti; Massimo Miani, ritiene che siano ormai «indifferibili misure fiscali coraggiose».

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