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Imprese a rischio chiusura. Colpa della stangata energia

Le aziende verso lo stop della produzione: "Così costi insostenibili". Verso un consiglio dei ministri ad hoc

Imprese a rischio chiusura. Colpa della stangata energia

Chiudono, sapendo che potrebbero non aprire più. Per molte imprese del manifatturiero l'aumento dei costi energetici ha raggiunto livelli insostenibili. E intere filiere rischiano di essere spazzate via. Non è una previsione astratta, è quel che potrebbe succedere nel giro di poche settimane nella carne viva del sistema economico italiano.

Si parla di decine e decine di stabilimenti, con decine di migliaia di posti di lavoro a rischio. Un'emergenza che è stata definita «drammatica», ieri, nel corso di una conferenza stampa convocata presso la Fonderia di Torbole (Brescia) con l'obiettivo di lanciare un allarme alle istituzioni, nazionali e anche europee, da un Paese, l'Italia, che è particolarmente esposto per via della sua fragilità energetica e per le caratteristiche del tessuto produttivo. «Il rincaro dell'energia è drammatico - ha spiegato il presidente di Confindustria Brescia, Franco Gussalli Beretta - non importa la categoria aziendale ma nel manifatturiero, dall'automotive alla meccanica di precisione e metallurgia fino alla fonderia, l'incidenza del costo energetico è drammatico. In prospettiva si arriva al fermo delle aziende, che rischiano di perdere competitività».

L'ondata di aumenti impatta principalmente sui settori ad alta intensità energetica. Per qualcuno l'incidenza dei costi di approvvigionamento passerà dal 9-10% al 30%. «In 40 anni non avrei mai pensato di migliorare il bilancio tenendo chiuso piuttosto che continuando a produrre» ha testimoniato in pratica Enrico Frigerio, vicepresidente di Assofond e padrone di casa nello stabilimento bresciano. Questo è il primo paradosso, il secondo è che questa minaccia potenzialmente letale arriva in un momento in cui le commesse ci sono, o meglio ci sarebbero, visto che molti temendo gli ulteriori rincari hanno lavorato in questi giorni - lavoratori d'accordo - immaginando di chiudere a gennaio, forse in via definitiva, come detto. Il prezzo dell'energia elettrica, stando a quanto riferito, continua a registrare impennate record: nelle prime due settimane di dicembre ha raggiunto il picco storico di 374 euro/MWh (+280% rispetto al valore di gennaio 2021, +650% rispetto a gennaio 2020). E anche la quotazione del gas naturale sta registrando una crescita esponenziale.

Nutritissimo il fronte imprenditoriale presente per chiedere interventi in grado di «sterilizzare» questi aumenti letali. «Le imprese dei settori energivori hanno un ruolo chiave nel tessuto italiano - sottolineano da Assofond - generano 88 miliardi l'anno di valore aggiunto, con una forte vocazione all'export che vale circa il 55% del loro fatturato, e sostengono 350mila posti di lavoro diretti, che raddoppiano calcolando l'indotto».

Al loro fianco, come in tutti questi mesi, l'assessore regionale lombardo Guido Guidesi. «I costi energetici rischiano di essere la Lehman Brothers del manifatturiero - ha avvisato - e questo non possiamo permettercelo, bisogna agire subito a livello europeo». Impegnato su questo fronte anche il leader della Lega Matteo Salvini: «In un momento di emergenza i prezzi vanno calmierati e i profitti vanno condivisi» ha avvertito, chiedendo da Torbole misure urgenti. «Entro la settimana prossima conto che arrivino dal governo le proposte per uscire dall'emergenza energetica - ha preannunciato - Ho in programma di mettere al tavolo i ministri competenti e il presidente del consiglio, che è perfettamente consapevole dell'emergenza».

L'occasione per discuterne potrebbe essere il prossimo Consiglio dei ministri, che dovrebbe riunirsi giovedì.

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