Giuseppe Conte è alle strette. Nessuno dei suoi ormai ex alleati vuole avere a che fare con lui. La caduta del governo Draghi pesa come un macigno sul Movimento 5 stelle e ora Conte cerca di recuperare consensi attaccando proprio i partiti con i quale è stato amico. Sembra non si capaciti di essere stato scaricato da tutti ma alle altre compagini politiche non conviene stabilire una nuova alleanza con il M5s: ne va della credibilità politica davanti all'elettorato. Giuseppe Conte appare confuso e claudicante in queste prime battute di campagna elettorale, come dimostrano i continui attacchi, con toni molto violenti, sferrati contro Mario Draghi e, in ultimo, Enrico Letta.
Il leader del Movimento 5 stelle non ci sta a prendersi la responsabilità della crisi di governo anche se, nei fatti, è dal mancato voto di fiducia al dl Aiuti che si sono innescate le conseguenze che hanno portato alle doppie dimissioni di Mario Draghi. "Si prova a scaricare la colpa sul Movimento che ha solo chiesto di risolvere alcune criticità. Ma il punto vero è un altro. Un governo di unità nazionale che non riesce a costruire un terreno di dialettica politica ma si affida a un decisionismo autoreferenziale, alimentato solo da una ristretta cerchia di collaboratori, finisce inevitabilmente per andare in cortocircuito e saltare", tuona Giuseppe Conte, in aperto scontro con Mario Draghi e il Partito democratico. Per la scelta di mettere in crisi il governo, il leader del Movimento 5 stelle è stato apostrofato come "traditore" da Enrico Letta. Una definizione che a Giuseppe Conte non va giù: "È un'infamia, ma non mi fa male. Credo piuttosto che sia la spia di un certo modo di fare politica che non è il mio. Come Movimento siamo sempre stati lineari e coerenti".
Ora il M5s è stato sbattuto fuori dall'alleanza col Pd, rendendo di fatto impossibile la creazione del campo largo per le prossime elezioni, Giuseppe Conte critica l'unica soluzione che avrebbe dato al suo partito una possibilità di entrare in maggioranza: "Non si può pensare di definire con arroganza un perimetro di gioco e stabilire arbitrariamente chi vi è ammesso. Ho sempre invitato a considerare la necessità di misurarsi con l'agenda sociale e ambientale che serve all'Italia. E da lì non mi muovo". In sostanza, Conte muoveva con Letta la pretesa di imporre la propria agenda politica su quella del Pd, nonostante si trattasse comunque del partito di minoranza tra i due.
E nonostante sia comunque in una posizione di svantaggio, Giuseppi vuol
continuare a dettare le sue condizioni: "Tocca al Pd decidere che cosa fare. Ovvio che se i dem cercano una svolta moderata che possa accogliere anche l'agenda di Calenda noi non ci possiamo stare".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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