Infarto, alcol e depressione. Se il pilota va in picchiata

Un libro racconta che cosa accade in un aereo quando chi lo conduce perde il controllo, facendo rischiare la vita a tutti

Infarto, alcol e depressione. Se il pilota va in picchiata

Un infarto, una malattia mentale, una depressione dovuta a ragioni sentimentali, familiari, finanziarie: tutto può capitare anche al pilota di un aereo, che è un uomo, non una macchina. Ma il suo stato di salute, fisica e psichica, costituisce un fattore di rischio importante nella sua delicatissima attività, alla quale sono affidate le vite di altre persone. Il caso di Andreas Lubitz, il pilota suicida di Germanwings che lo scorso anno trascinò alla morte 150 passeggeri, ha fatto riflettere l'opinione pubblica sulla responsabilità di chi guida un aereo e sulla totale fiducia che gli viene concessa. Un libro ora affronta questo specifico tema, valutando quanto la salute del pilota pesi sulla sicurezza di un volo. S'intitola Piloti malati. Quando il pilota non scende dall'aereo (LoGisma, 235 pagine, 17 euro) e ne è autore Antonio Bordoni, esperto di sicurezza aerea e grande «collezionista» di incidenti: ne ha raccolti oltre 5mila, praticamente tutti quelli occorsi dal dopoguerra a oggi. Spiega Bordoni: «Dagli anni Cinquanta almeno un centinaio di piloti sono morti ai comandi di un aereo di linea. E ciò, anche se la causa è naturale, va ascritto a pieno titolo tra gli incidenti, perché un pilota è un elemento del volo che, tendenzialmente, deve essere sempre in perfetto stato. Altrimenti, a che cosa servirebbero i controlli medici periodici, che dopo i sessant'anni vengono fatti ogni sei mesi?». In questi anni, i decessi di piloti ai comandi sono stati uno nel 2013, due nel 2014, uno nel 2015. L'età più critica è tra i 48 e i 55 anni. Non sempre la morte o la temporanea incapacità del pilota porta a un disastro, grazie alla risolutezza del secondo. Ma le emergenze, anche con epilogo fortunato, sono molte e oggi a differenza del passato, anche episodi non gravi suscitano clamore perché i passeggeri sono sempre pronti a estrarre lo smartphone quando una hostess chiede: «C'è un dottore a bordo?». Il dottore può esserci o no, quello che non c'è è il defibrillatore «che stranamente denuncia Bordoni - le autorità internazionali non hanno ancora reso obbligatorio, ma che in molti casi potrebbe essere risolutivo». Il libro è una raccolta di casi, e lo si sfoglia con crescente curiosità. C'è l'episodio del 2008 (AirCanada) in cui un pilota del Boeing 767, sorvolando l'Atlantico, sentì l'impulso di «parlare con Dio» e uscì di senno. Il secondo e l'equipaggio riuscirono a immobilizzarlo e a costringerlo nella camicia di forza (in dotazione nelle compagnie americane). C'è il caso di Bryan Griffin, pilota della Qantas negli anni Ottanta: ogni volta che si trovava ai comandi era preso dall'impulso di far precipitare l'aereo. Lo disse ripetutamente ai medici e ai suoi capi, ma nessuno gli riconobbe questa pulsione suicida e fu lasciato alla cloche. Fece causa alla compagnia, perché sottovalutava il suo stato, e il giudice gli diede ragione. Un pilota in preda all'angoscia per essersi rovinato alle scommesse fece cadere il suo Boeing 767 della SilkAir in Indonesia 1997. In Mozambico nel 2013 un incidente con 33 vittime fu attribuito al suicidio del comandante, depresso a causa dei contrasti con la propria moglie. Ancora più singolare, nel 1994, il caso avvenuto su un volo Royal Air Maroc, tra Agadir e Casablanca: il comandante e la copilota, che era ai comandi con lui, erano amanti. Litigarono. Lui portò l'aereo a sfracellarsi al suolo: i morti furono 44. Nel 2002 un Antonov precipitò in Russia provocando 10 morti: si accertò che entrambi i piloti erano ubriachi. Sempre in Russia, quando il comandante prima della partenza biascicò qualcosa all'altoparlante, i passeggeri capirono che era in preda all'alcol e impedirono a forza il decollo. Un fattore di rischio molto frequente è la stanchezza, e Bordoni sottolinea «che quando un pilota vola da mattina a sera, con tempi di rotazione di 20-30 minuti, alla fine è stanco morto». Così capita talvolta che un pilota, o addirittura entrambi si addormentino in volo, talvolta svegliati dalle apparecchiature di bordo. Curioso il caso (Air India, 2013) in cui prima il secondo pilota poi il comandante fuori da ogni normativa - lasciarono i comandi per andare a riposare sui sedili di business.

In cabina restarono due hostess e il pilota automatico: ma quando questo si staccò improvvisamente, i due piloti si precipitarono ai loro posti evitando il peggio. È accaduto anche (2011, AirCanada) che un comandante si sia risvegliato di soprassalto, abbia scambiato Venere per un aereo e si sia buttarsi giù in picchiata per evitarlo. Risultato: dieci feriti.

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