I continui problemi dell'aeroporto di Fiumicino e i disservizi del Comune di Roma non sono figli della sfortuna: non si è investito e non si investe abbastanza nelle infrastrutture. Sono carenti soprattutto le manutenzioni ordinarie e straordinarie. Le cifre dei bilanci di Aeroporti di Roma sono eloquenti. Nel 2012 a Fiumicino e Ciampino l'investimento lordo di ammortamenti è stato solo di 53 milioni, su un fatturato di 543 milioni e un traffico di passeggeri di 36 milioni. Nel 2013, gli introiti sono aumentati a 664 milioni, gli investimenti lordi sono stati 153 milioni. Nel 2014 c'è stato un boom di passeggeri a Fiumcino: +7% ma gli investimenti sono rimasti a 183 milioni. I guasti erano inevitabili. E i ritardi nel ritiro dei bagagli anche, dato che gli impianti attuali sono inadeguati. Nel Comune di Roma, con i suoi bilanci ipertrofici c'è una situazione analoga, anzi peggiore. Qui chi gestisce non è il privato in concessione, ma il Comune con le sue aziende. Il bilancio comunale supera 6 miliardi annui, quasi tutti di spese correnti. Quelle in conto capitale, che erano 358 milioni nel 2013 scendono a 236 nel 2015. All'ambiente vengono destinati solo 41 milioni contro 233 nel 3013. Per la viabilità e i trasporti, la spesa che nel 2013 era solo di 95 milioni, nel 2015 sale (nelle previsioni) a 144, ma questo non basta a mettere a posto le strade oramai piene di buche. La quota delle spese di investimento è solo il 3% del bilancio complessivo. Tagliare le spese correnti è molto difficile, anzi esse salgono. Ecco così che si limano, già nelle previsioni, quelle in conto capitale, che poi subiscono ritardi burocratici dovuti anche al macchinoso sistema di appalti. Da ciò consegue che invece che servizi, spesso ci sono, per le infrastrutture, dei disservizi, che si traducono in danni all'economia. Nel caso di Roma, in particolare, in danni per i flussi turistici e per l'occupazione che ne deriva. Non è solo un quadro romano, quello che sto facendo, è anche un quadro nazionale, che riguarda sia l'investimento pubblico sia quello privato, che comunque, nelle infrastrutture - in Italia - è troppo regolamentato. Il confronto fra gli investimenti fissi globali in Italia nel 2014 e nel 2000 (che serve come riferimento alla normalità antecedente alla crisi del 2008) ci mostra che essi sono passati dal 20,2% del prodotto nazionale al 16,9% con un calo di 3,3 punti, pari al 16,5%. Una cifra mostruosa, che si ripercuote negativamente sulla capacità di crescita della nostra economia e sulla sua produttività. Il calo riguarda per l'1,1% il settore delle costruzioni, con un -0,1% per le abitazioni e un -1% per le opere pubbliche. Questo settore così nel 2014 è solo lo 8,7% del Pil contro il 9,8% del 2000. Ne consegue una rilevante disoccupazione nell'edilizia: settore che in tempo di crisi andrebbe potenziato, per combattere la deflazione, non depotenziato. Ma è ancora più rilevante la riduzione nell'investimento in impianti, macchinari e attrezzature. Era il 7,9% del Pil nel 2000 e scende al 5,7% nel 2014. Qui gioca molto il declino nell'investimento nelle attrezzature che riguardano le infrastrutture dei servizi di trasporto e comunicazione. È in enorme ritardo il «terzo valico», che serve per l'alta velocità da Milano a Genova e dovrebbe rilanciare il Porto di Genova. È in ritardo la Tav da Lione a Torino e da Milano a Venezia, Trieste e Kiev.
Ma sono soprattutto in enorme ritardo le infrastrutture per il Mezzogiorno, che ne ha un enorme bisogno, per non essere tagliato fuori del mercato europeo. La disoccupazione è in aumento perché il Jobs Act è fallito, ma anche perché in Italia c'è un preoccupante declino dell'investimento nelle grandi opere e nelle infrastrutture, cioè nella nostra modernità.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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