Milano La lunga guerra dei «compagni» dei Carc contro gli «sbirri violenti» ha visto nei giorni scorsi una battaglia milanese. Questa volta, l'una di fronte all'altro nell'aula della Nona sezione del Tribunale, c'erano Rosalba Romano e Vladimiro Rulli. Lei, imputata per diffamazione aggravata, è militante dei Carc e fa parte della redazione del sito Vigilanza Democratica (risiede nell'hinterland milanese, da qui la sede del processo). Lui, poliziotto, anni fa era in forze al VII Reparto mobile di Bologna. Romano era accusata di aver diffamato Rulli sul sito di cui è stata riconosciuta amministratrice. La Corte, il 30 marzo, l'ha condannata a una multa di 5mila euro più altri 5mila come provvisionale alla parte offesa.
In un articolo del 2013 dal titolo Cosa deve ancora accadere perché il VII Reparto mobile di Bologna venga smantellato?, rimbalzato sui di area comunista e tuttora online, Rulli veniva additato come picchiatore, «bastardo» e «bandito». Per essere stato nella Celere bolognese veniva accusato di aver partecipato nel 2005 a Verona al pestaggio di Paolo Scaroni, un ultras del Brescia che durante una carica delle forze dell'ordine venne malmenato. Il giovane finì in coma e rimase invalido. Al processo di primo grado, dove era imputato con sette colleghi del VII, Rulli è stato assolto «per non aver commesso il fatto»: al momento del pestaggio era alla guida del pullman della polizia. Per la sola sua posizione la Procura non ha fatto appello. Così l'agente, assistito dall'avvocato Andrea Carella, all'udienza del 5 febbraio: «Hanno scritto che sono della Uno bianca, che uso il manganello al contrario, mi associano al G8 dove non sono neppure andato. Basta digitare il mio nome e si trova pericoloso e armato. Non ho mai subito provvedimenti disciplinari, ma la mia carriera è bloccata: l'articolo l'hanno letto anche i miei superiori. Nel privato va anche peggio, a scuola mia figlia è diventata la figlia del poliziotto bandito».
I Carc hanno sostenuto Romano durante il processo. Con presidi in Tribunale e volantini in cui chiedevano manifestazioni di solidarietà. Tra queste, mail-appello da inviare al giudice indicato con nome e cognome. All'udienza del 21 febbraio ha deposto come teste della difesa il pm Enrico Zucca. Chiamato, spiegano i Carc, perché seguì le «inchieste scaturite dal G8 di Genova nel 2001 a cui anche il VII Reparto mobile partecipò come forza di polizia». L'imputata invece, affiancata dall'avvocato Benedetto Ciccarone, ha reso dichiarazioni spontanee: «Non ho né scritto né pubblicato l'appello incriminato. Mi piacerebbe assumermi tutto il merito del lavoro che negli anni Vigilanza Democratica ha portato avanti, perché penso sia stato un lavoro importante».
Nei proclami in suo sostegno i Carc dichiarano che il processo è frutto di una «ritorsione» degli «apparati repressivi dello Stato profondo» per aver creato nel 2009 con altri militanti il sito Caccia allo sbirro allo scopo di «rendere noti volti e nomi di agenti che commettono abusi e violenze». Per quell'iniziativa, a Bologna, i compagni di lotta sono stati assolti.
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