Guerra in Ucraina

Gli interessi dell'Occidente e quelli Usa

La fatica di riuscire a riconoscersi. Mario Draghi non è a Washington solo come italiano. È lì come voce autorevole dell'Europa e non è affatto una cosa scontata

Gli interessi dell'Occidente e quelli Usa

La fatica di riuscire a riconoscersi. Mario Draghi non è a Washington solo come italiano. È lì come voce autorevole dell'Europa e non è affatto una cosa scontata. Gli Stati Uniti in genere amano i rapporti bilaterali, parlano con Berlino, Parigi, Varsavia e così via. Non hanno mai avuto un approccio facile con l'Unione, come se gli Stati Uniti d'Europa fossero un'astrazione lontana, una speranza o un'illusione. L'Europa, certo, è l'alleato storico e in qualche modo naturale, non sempre facile da capire, da qualcuno considerato un peso, da altri una radice, comunque per tutti l'altra anima dell'Occidente, quella con una storia antica e complicata. Non è che le cose siano cambiate più di tanto con Biden, che come gran parte dei presidenti americani preferisce ragionare con gli europei sotto l'ombrello atlantico, più come Nato che come Ue. La visita di Draghi non è una rivoluzione da questo punto di vista, però lascia intravedere un'apertura, diplomatica e di buon senso, alle ragioni di chi vive dall'altra parte dell'oceano. È la prima discontinuità da quando è iniziata la guerra in Ucraina. Non è solo un modo per placare i mugugni di Scholz o di Macron o di non dare alibi al quintocolonnismo di Orban. Non è neppure prendere atto che i costi della guerra li sta pagando al momento soprattutto l'Europa. È una riflessione più profonda e di prospettiva. La mossa di Putin è solo il primo atto di un lungo conflitto sull'ordine mondiale. È uno scontro di civiltà difficile da rinviare e come posta in gioco non ha solo «l'impero» ma il destino di quelli che un tempo venivano considerati diritti universali e sono la base della libertà e della democrazia. La Cina e la Russia ora sostengono che quei diritti non solo affatto universali, ma sono una visione del mondo imposta dagli occidentali al resto del mondo. Tutto questo manda in frantumi l'equilibrio, già instabile, raggiunto dopo la fine della guerra fredda. Washington in questo scenario non può considerare l'Europa come un'appendice, ma deve pensare che gli interessi occidentali sono più ampi di quelli americani.

Biden e Draghi hanno parlato anche di questo: come ripensare la globalizzazione, che non può non tenere conto dei principi che sono alla base dell'Occidente. Finora si è pensato che si sarebbe potuto chiudere un occhio, che gli affari sono affari e il mercato non deve preoccuparsi dell'etica. La Cina e la Russia invece si sono presi il capitalismo e hanno rispedito al mittente i valori liberal-democratici. È una scelta politica.

È appunto una scelta etica.

Commenti