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"Interessi minacciati". Putin ormai ha deciso per il via all'offensiva su Donetsk e Lugansk

Chi, qui da queste parti, ha avuto modo di conoscere Vladimir Putin sa com'è fatto

"Interessi minacciati". Putin ormai ha deciso per il via all'offensiva su Donetsk e Lugansk

Chi, qui da queste parti, ha avuto modo di conoscere Vladimir Putin sa com'è fatto. Ascolta solo pochi fidatissimi consiglieri. E difficilmente si lascia convincere. Anche perché le sue decisioni, oltre a essere assolutamente indecifrabili, sono talmente lente e tormentate da richiedere mesi. O perfino anni. In cambio, una volta esaurite le proprie infinite ponderazioni, Zar Vladimir raramente torna sui propri passi. Anche per questo le sue dichiarazioni successive al riconoscimento delle autoproclamate repubbliche separatiste di Donetsk e Lugansk non lasciano molto spazio all'ottimismo.

«Il nostro Paese - ha detto ieri nel discorso per la Giornata del Combattente - è sempre aperto al dialogo diretto e onesto per trovare soluzioni diplomatiche ai problemi più complessi. Tuttavia, gli interessi e la sicurezza dei nostri cittadini non sono negoziabili». Per decrittare il Putin pensiero bisogna, secondo le fonti de il Giornale, «partire non dall'inizio, ma dalla conclusione della frase». In base a questa interpretazione l'unica, vera priorità del presidente russo sarebbe, in questo momento, la cosiddetta «difesa» degli abitanti russofoni delle regioni orientali dell'Ucraina. Per questo un'operazione militare destinata a concludersi con l'occupazione di un'altra fetta di Ucraina appare praticamente scontata. L'unico dubbio è quanto vasta sarà la porzione di Ucraina condannata a fare la fine della Crimea.

L'ipotesi meno radicale prevede un intervento esteso agli interi confini amministrativi degli oblast (regioni) di Donetsk e Lugansk (ma quando è ormai tarda sera fonti filorusse parlano di «violenti combattimenti» causati dalle forze ucraine che starebbero «tentando di sfondare le linee difensive della Repubblica di Lugansk»). Le forze di Mosca non si limiterebbero, insomma, a garantire la difesa delle aree già occupate dai filo-russi, ma «accompagnerebbero» l'avanzata dei separatisti fino al totale controllo dei due oblast. La cosiddetta operazione di peacekeeping (mantenimento della pace) lanciata dal Cremlino finirebbe, insomma, con il realizzare gli obbiettivi dei referendum con cui i separatisti rivendicarono, nel 2014, il totale controllo delle due regioni. Inglobando il porto di Mariupol a Ovest e la città di Kramatorsk, a Nord di Donetsk, Putin strapperebbe a Kiev un altro 9% di territori. E imporrebbe la propria legge a sei milioni di ucraini. Ma non è l'opzione peggiore. Altri piani prevedono l'annessione di tutte le coste sul Mar Nero fino, ed oltre, Odessa. Una soluzione punitiva, ma militarmente assai più impegnativa, che finirebbe con il privare Kiev di ogni sbocco sul mare.

Il ricorso alle «soluzioni diplomatiche» evocato ieri da Putin potrebbe arrivare alla fine di questo doppio intervento. Oppure rappresentarne lo spartiacque capace di risparmiare, in caso di risultato negoziale gradito al Cremlino, l'occupazione di Odessa e della fascia costiera. Di certo un veloce e riuscito intervento militare, seguito da una trattativa sull'assetto dei territori colpiti, rientra nelle strategie preferite dal presidente russo. Per capirlo basta guardare ai precedenti della Georgia nel 2008, della Crimea e del Donbass nel 2014 e della Siria nel 2018. In tutti quei casi Vladimir Putin ha sempre fatto seguire all'intervento un'immediata proposta negoziale. Un altro indicatore dell'imminenza dell'intervento è il rischio di un logoramento delle truppe russe dispiegate lungo la frontiera con l'Ucraina. La maggior parte di quelle truppe non dispone di basi permanenti ed è costretta a dotarsi di alloggiamenti di fortuna. Alcune foto comparse su Vk, l'equivalente russo di Facebook, e su altri social mostrano un centinaio di militari costretti a dormire accalcati gli uni sugli altri in alloggiamenti di fortuna nella città di Dolbino, a meno di 30 chilometri dal confine con l'Ucraina. Altre testimonianze diffuse dai social parlano di difficoltà nei rifornimenti e di militari costretti a comprarsi il cibo nei negozi di frontiera. Ma al di là delle notizie da social è chiaro che tenere una forza d'invasione in accampamenti di fortuna per periodi prolungati finisce con il logorarne le capacità e abbassarne il morale. Anche per questo molte fonti danno per inevitabile un intervento nelle prossime 48 ore.

Salvo che, per una volta, la sfinge del Cremlino non cambi i suoi piani.

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