Intesa Letta-Salvini dall'emergenza Covid alla legge elettorale

L'incontro tra i leader: i dem in pressing sul Carroccio per il maggioritario a doppio turno

Intesa Letta-Salvini dall'emergenza Covid alla legge elettorale

«Contrapposti» alle prossime elezioni, ma insieme oggi «per amore dell'Italia».

Dopo settimane di baruffe e ping pong di accuse, il leader Pd Enrico Letta e quello della Lega Matteo Salvini si incontrano, e sanciscono la tregua, in nome del sostegno al governo Draghi e delle imprese da rilanciare. Si tratta dell'ultimo incontro politico del segretario dem e di quello più atteso. E costruito al Nazareno con attenzione, alzando per giorni i toni dello scontro per rendere più significativo l'abbraccio (metaforico) finale. «Alle elezioni saremo su fronti opposti, ma ora lavoriamo insieme per il successo del governo e per far uscire l'Italia dalla pandemia», dice Letta. «L'incontro è andato bene - gli fa eco Salvini - e su alcuni punti la battaglia è comune: abbiamo interesse che il governo vada avanti bene». Primo «punto comune» tra tutti, confermano entrambi, il decreto imprese da fare entro aprile e che deve essere «poderoso» anche nei finanziamenti. «Ho chiesto a Letta di lavorare su quel che ci unisce, evitando di mettere elementi divisivi sul tavolo».

L'interpretazione autentica dell'incontro, per conto del Nazareno, la dà però Enrico Borghi: nessun «inciucio» con la Lega, ma la consapevolezza che «mentre il governo è impegnato su emergenza sanitaria e produttiva», i partiti che lo sostengono devono occuparsi di quella «istituzionale e democratica». Insomma, il vero oggetto su cui Letta tenta di costruire un'intesa di legislatura con Salvini è la legge elettorale: sul tavolo, il segretario dem ha messo un sistema a doppio turno con premio al 55% che eviti al Paese di avere «sette governi in dieci anni», e che «polarizzi il sistema attorno a Lega e Pd, con le rispettive coalizioni». Il capo del Carroccio in pubblico si schermisce («Non ne abbiamo parlato, e comunque mi va bene la legge elettorale che c'è», dice), ma a porte chiuse si è mostrato interessato, assicurano i dem. Anche perché «conviene anche a lui diventare il player dominante della sua alleanza», imbrigliando le velleità di Giorgia Meloni. Così come a Letta sta a cuore di imporre l'egemonia del proprio partito sull'acefalo e confuso M5s, obbligandolo a coalizzarsi alle condizioni dem.

Per farlo, però, si deve dimostrare che la scelta di sostenere il governo Draghi è stata quella giusta: e quindi evitare fibrillazioni e logoramenti a scopo propagandistico, e collaborare con gli alleati al successo dell'esecutivo, e alle riforme in Parlamento. «Niente ipocrisie - spiega Borghi - senza un'intesa forte tra Pd e Lega l'obiettivo di ricostruire un sistema politico bipolare non è raggiungibile».

Per tenere nel frattempo buoni i grillini (con cui il Pd vorrebbe quagliare qualche alleanza alle comunali, tutte in altissimo mare) Letta si è sobbarcato ieri un ennesimo incontro con uno dei loro capetti: dopo Conte e Di Maio, ieri è stata la volta di Vito Crimi. L'offerta a M5s è quella di riformare i regolamenti parlamentari per frenare l'emorragia di deputati e senatori che lasciano il Movimento: è questo il vero obiettivo della battaglia contro «i cambi di casacca» proclamata dai dem.

L'idea, cui lavora il gruppo di lavoro lettiano, è quella di penalizzare economicamente e politicamente chi abbandona il proprio partito: niente più Gruppo Misto, ma solo un «gruppo dei non iscritti», senza fondi e senza alcuna incidenza parlamentare.

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