Cultura e Spettacoli

"Intrighi e debolezze: porto il Sistema a teatro"

L'attore ha adattato il libro che l'ex pm ha scritto con Sallusti. Tour in tutta Italia

"Intrighi e debolezze: porto il Sistema a teatro"

Edoardo Sylos Labini ha letto il libro Il Sistema e si è visto sul palcoscenico nei panni di Luca Palamara, perno di trame di potere e corruzione. «Tutto questo è teatro puro!», ha detto telefonando subito al coautore, Alessandro Sallusti. E quest'estate porterà in scena «il Sistema», per teatri e piazze d'Italia: il 19 giugno a Casal San Giovanni (Pc), il 4 luglio a Casale Monferrato al festival di Culturaidentità, ad agosto alla Versiliana, a settembre al teatro Manzoni di Milano.

Sarà la tragedia della giustizia italiana?

«Sicuramente ha le tinte della tragedia, ma dietro a quelle della commedia all'italiana, dei traffici, dell'arrangiarsi quotidiano, delle richieste dei biglietti per la partita per il figlio del magistrato... Attorno al Sistema ruotano tante piccolezze tipiche del nostro Paese, meschinità, tradimenti, battute simpatiche... Mi ha fatto pensare a Sordi in Un borghese piccolo piccolo. La commedia nasconde la tragedia di un Paese da 25 anni sotto scacco delle correnti delle toghe».

Che cosa l'ha stimolata di più del «dominus delle nomine» Palamara, dopo aver scelto personaggi maledetti da Nerone a D'Annunzio?

«Mi è sembrato il prototipo dell'italianità e, nell'adattamento fatto con Angelo Crespi, porto in scena l'uomo che tesse le trame del potere, tra passione calcistica e politica, lo studente romanista che a Berlusconi, incontrato allo stadio Olimpico, chiede quando il Milan restituirà Ancelotti alla sua squadra ignaro, dice oggi, che vent'anni dopo avrebbe causato la distruzione di quell'uomo. Il personaggio è straordinario: la famiglia che parte dalla piana di Gioia Tauro, il padre Rocco diventato importante magistrato che muore a 61 anni, lui che ai funerali riceve da Fanfani l'offerta di un posto in polizia ma decide di seguirne l'esempio, arriva ad essere il più giovane presidente dell'Anm e a 45 entra al Csm».

In questa storia, i grandi temi del teatro ci sono tutti.

«Il potere, il tradimento, la lotta fratricida, i ricatti, la corruzione... Sembrano proprio i temi della politica degli ultimi anni, quella dopo Mani pulite».

Perché Mani pulite?

«È li che Palamara, e un'intera generazione di magistrati, scopre che si può diventare star in tv e sui giornali indagando un personaggio famoso, meglio se politico. L'esempio di Di Pietro insegna a cercare la strada più semplice per la visibilità, invece di andare a caccia di mafiosi, stupratori, ladri... Un po' come gli attori che oggi, invece di fare scuole e accademie, vogliono andare ai reality».

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Il Sistema

Perché dice che il Giulio Cesare di Shakespeare molti personaggi del Sistema dovevano conoscerlo bene?

«Perché si pugnalano a vicenda. Quello che fece Bruto a Cesare l'hanno fatto molti magistrati tra loro. È shakespeariana, per dire, anche la morte di Loris D'Ambrosio, consigliere di Napolitano al Colle».

E il ruolo di Palamara esattamente, qual è?

«Lui amplifica un sistema di correnti che già esiste. Da giovane magistrato a Reggio Calabria porta voti per far eleggere Spataro al Csm e ottiene di essere assegnato a Roma. La sua scuola è quella delle correnti di sinistra, di Md, la più potente. Impara la regola del tre, le armi del Sistema: una procura, un partito da spalla politica, un giornale amico. Ma Md non è scalabile, è ideologizzata, nata per garantire al Pci posizioni in magistratura. Lui, di cultura cattolica, prende in mano la corrente di centro, Unicost, si allea con Md per lungo tempo, ma quando alla fine cerca di spodestare la sinistra e ci riesce anche, arrivano i guai e la sua fine».

Lo spettacolo minerà ancor più la fiducia dei cittadini nella giustizia o può contribuire a recuperarla?

«Dev'essere così. È teatro civile per far capire agli spettatori come i fatti politici degli ultimi anni siano stati manipolati dal Sistema della magistratura.

Il messaggio va ai tanti magistrati onesti e lontani dalle correnti, che lavorano in silenzio, perché si facciano avanti per combattere questo Sistema e dare giustizia al Paese».

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