"Invisibili" spremuti dallo Stato: 44,7 miliardi di euro in 7 anni

È il dato del mancato adeguamento all'inflazione L'ira dei sindacati per la rivalutazione di 40 centesimi

"Invisibili" spremuti dallo Stato: 44,7 miliardi di euro in 7 anni

Il bello delle pensioni (o il brutto dal punto di vista del pensionato) è che basta ritoccare un coefficiente, introdurre un micro incremento di una qualche soglia o socchiudere una finestra, per portare alle casa maxi risparmi. È per questo che i sindacati dei pensionati vanno in allarme alla vigilia di ogni legge di stabilità.

Con l'ultima legge di Bilancio non c'è stato il temuto ritocco a Quota 100, la pensione anticipata decisa dal precedente governo. Ma nella legge da Bilancio 2019 ha trovato posto la mini rivalutazione degli assegni per il 2020, quantificata in 40 centesimi al mese. Cifra che i sindacati ritengono offensiva. Le organizzazioni dei pensionati hanno chiesto di modificare la norma e tra le tesi a favore di un intervento c'è anche il calcolo di quanto hanno portato alle casse dello stato i vari freni applicati alla rivalutazione delle pensioni.

Sono 44,7 miliardi dal 2012 a oggi. Cifra raggiunta con risparmi intorno ai 6,5 miliardi all'anno. Il risparmio dello Stato - ha calcolato il sindacato pensionati Fnp Cisl guidato da Gigi Bonfanti - sarebbe stato di 50,4 miliardi in otto anni, ma nel 2015 un decreto legge stabilì una parziale restituzione del mancato adeguamento in attuazione di una sentenza della Corte costituzionale.

Agire sulla rivalutazione delle pensioni, insomma, rende. Gli assegni Inps sono infatti rivalutati ogni anno sulla base di un indice dell'inflazione elaborato dall'Istat. La legge di Bilancio 2019, varata quando Luigi Di Maio era ministro del Lavoro, ha stabilito che avranno diritto a un pieno recupero dell'inflazione solo gli assegni pensionistici pari o inferiori a tre volte il minimo Inps (1.522,26 euro al mese).

Un recupero parziale. Anche i prossimi anni la mancata «perequazione» (così si chiama l'adeguamento delle pensioni all'inflazione) porterà altri risparmi. Un taglio delle pensioni che non emerge dalle leggi di bilancio, visto che anche a legislazione vigente non viene calcolata una piena rivalutazione degli assegni.

L'Italia resta un paese con un altissima spesa pensionistica. Il trend è lievemente disceso nello scorso triennio. Nel 2015 era il 15,7% del Pil e nel 2018 è stata del 15,3%. Nei prossimi anni tornerà a crescere, per dinamiche demografiche (aumenta il numero dei pensionati), di certo non perché migliorano i trattamenti.

Ma nella percentuale della spesa previdenziale registrata in Italia pesa un'anomalia statistica.

Nel dato sono incluse le spese per l'assistenza, che spettano alla fiscalità generale. La vera spesa previdenziale italiana è poco più del 12% del Pil. Un livello non altissimo nemmeno in rapporto ai paesi più virtuosi.

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