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"Io devastato dalla sanità pubblica. Sono un'eccellenza, facevo fotocopie"

Il luminare di Chirurgia lascia il Fatebenefratelli: "Ore di scartoffie e mesi per un ferro mancante. Ho fatto 5mila interventi, nessuno mi ha chiesto di restare"

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"Io devastato dalla sanità pubblica. Sono un'eccellenza, facevo fotocopie"

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Il professor Marco Antonio Zappa, ex direttore di Chirurgia generale, ha abbandonato l'incarico al Fatebenefratelli di Milano puntando il dito sulle distorsioni della sanità pubblica.

Qual è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso?

«Mi hanno rinnovato il contratto da primario nell'ottobre scorso, ma ho comunque chiesto la pensione anticipata, nove anni prima della naturale scadenza. Però, dopo essere stato considerato un'eccellenza, mi aspettavo dall'amministrazione almeno una telefonata e l'invito a restare».

Ovvio.

«Invece c'è stato un silenzio tombale. E quindi o sono un incapace - ma non avrei ricevuto 800 messaggi di solidarietà in un giorno e non avrei già 20 offerte di lavoro - o nella sanità pubblica non c'è volontà di trattenere l'eccellenza».

Dava fastidio a qualcuno?

«Forse chiedevo troppo. Volevo valorizzare la chirurgia, ma dopo 5 anni e mezzo ho realizzato solo il 25% del mio progetto. E non mi sono risparmiato: arrivavo alla 6 e mezza del mattino in sala operatoria e a volte ne uscivo alle otto di sera».

E il suo staff come ha preso la sua decisione?

«Malissimo. Ci sono stati abbracci e pianti. Mi hanno donato una targa con scritto: La chirurgia è fatta di gesti e quei gesti sono solo i tuoi».

Ma lei è diventato famoso per le sue capacità o perché ha operato Fedez?

«La mia storia professionale parla di sola: 5000 interventi, il 70% di alta chirurgia in laparoscopia, 380 lavori scientifici, 150 congressi. E ho vissuto la passione della chirurgia con i miei pazienti».

È stato Fedez a sceglierla?

«È stato un incontro casuale in pronto soccorso e l'ho avuto in cura quando rischiava di morire. Con lui e con Chiara si è instaurato un rapporto umano molto bello, voglio bene a entrambi».

Qualcuno potrebbe pensare che la notorietà le abbia montato la testa.

«Purtroppo mi sono dimesso perché sono devastato dalla lotta impari con il Ssn, spero che la mia rinuncia serva a smuovere le acque».

Ci faccia due esempi di mala gestione.

«La burocrazia imperante che distrugge la sanità. Prima per un consenso serviva un foglio, ora ne servono dieci la cui compilazione è a carico del medico che perde tempo ed energie. Io stesso passavo le ore nelle scartoffie. Non ho mai avuto una segretaria: facevo le fotocopie, ritiravo i referti istologici, controllavo le cartelle cliniche: non è una cosa normale».

Il secondo esempio.

«I tempi necessari per cambiare un semplice ferro mancante. Tra richiesta e attesa passano sette mesi, quando arriva lo strumento è già obsoleto. Nel privato ce l'hai in due giorni. La sanità pubblica dev'essere all'avanguardia, invece ha tempi biblici».

E ora lei è diventato un bocconcino appetibile. Vince chi la paga di più?

«Non sceglierò per il vil denaro. Voglio realizzare il mio sogno: un centro di chirurgia laparoscopica oncologica e bariatrica per chi soffre di obesità che faccia invidia all'Europa».

Sulla responsabilità penale dei medici lei ha definito una «barbarie» le richieste di «risarcimento danni» e ha bollato la giurisprudenza come «cieca e volgare».

«Anche io in 40 anni ho ricevuto una denuncia. Sono stato assolto però l'attesa è una cosa che ti distrugge la famiglia, la quotidianità.

Se un magistrato avesse un figlio operato d'urgenza da un chirurgo sotto inchiesta capirebbe in che condizioni psichiche un medico deve adempiere alla sua missione».

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