Cronache

"Io, laureato con lode sempre fatto fuori dai soliti raccomandati"

Luca è diventato medico, ma non riesce a lavorare: "Contratti solo per i parenti"

"Io, laureato con lode sempre fatto fuori dai soliti raccomandati"

Diceva Leo Longanesi che al centro del nostro Tricolore bisognerebbe scrivere, «Tengo famiglia».

«Una frase che andrebbe benissimo anche all'ingresso di molte università italiane», commentano amaramente i professori Stefano Allesina e Jacopo Grilli: due ricercatori che hanno recentemente concluso uno studio internazionale sul nepotismo negli atenei.

La loro conclusione è che le università del Belpaese, in tema di raccomandazioni, non sono seconde a nessuno. Una realtà deprimente che va da Nord a Sud, anche se nel Mezzogiorno il trend risulta particolarmente accentuato.

Per condurre la ricerca (pubblicata sulla rivista scientifica americana, Pnas) la coppia Allesina-Grilli ha dovuto emigrare a Chicago, città nella cui prestigiosa università i «cervelli in fuga» sono valorizzati (e pagati) al meglio.

Una parabola professionale che Luca, 25 anni, neolaureato in Medicina all'Università di Bari con 110 e lode, si augura possa essere anche il suo destino. Intanto la sorte continua a riservagli l'infelice status di disoccupato. Il motivo? «Al momento dell'assunzione, spunta sempre il raccomandato di turno che mi soffia il posto», scrive Luca in una accorata lettera inviata al Giornale. Nel suo brillante curriculum Luca annovera anche uno stage negli Stati Uniti. Il suo maggiore rammarico? Non aver potuto studiare nella regione natia, la Basilicata. E, ora che ne avrebbe tutti i titoli, non poter lavorare nella sua terra. Dice: «Mi sento tradito».

«Ho dovuto studiare a Bari perché nell'Università di Basilicata non c'è la facoltà di Medicina. In compenso ci sono situazioni scandalose - racconta -. L'assegnazione delle borse di specializzazione medica finanziate dagli enti locali segue, troppo spesso, criteri nepotistici e clientelari». Luca denuncia con cognizione di causa perché queste situazioni le ha verificate sulla propria pelle. «Il pedigree politico di tanti colleghi che si sono visti assegnare contratti e borse di studio è sotto gli occhi di tutti. In più di una occasione mi sono visto scavalcare da candidati privi di requisiti, se non quello di essere "figlio di».

Insomma, è la solita piaga nazionale dei «segnalati» dal potente di turno. «Nonostante il Ministero della Sanità, anni fa, abbia modificato le regole nel tentativo di porre rimedio a queste anomalie, le cose al Sud non sono cambiate», evidenzia Luca. Il quale, quando si tratta di fare esempi concreti, non si tira indietro. «Gli assegnatari dei contratti di specializzazione finanziati dalla Regione Basilicata, evidenziano sempre i soliti cognomi. Non sono illazioni, ho tutta la documentazione che lo prova». Un caso emblematico?

«Ad esempio la beneficiaria del contratto di specializzazione in Medicina legale, fuori concorso nazionale, finanziato dalla regione Basilicata presso l'Università di Bari, è la figlia del direttore generale di uno dei maggiori ospedali lucani, già primario della Medicina legale del medesimo ospedale».

Ma non potrebbe trattarsi di una coincidenza? «Questa coincidenza tra chi ha il potere di individuare come specifica esigenza di fabbisogno territoriale la Medicina legale e chi diventa titolare del diritto al finanziamento evidenzia un chiaro conflitto di interesse».

Un conflitto di interesse che però non configura nessun reato. «Però è innegabile come in certe famiglie fortuna e coincidenza sembrano andare di pari passo col famoso pedigree politico. A dimostrazione di come le corsie preferenziali si moltiplichino solo per i figli d'arte».

Non manca un ultimo affondo: «Si resta basiti nello scoprire che la figlia del direttore generale di una ASL lucana (direttore che aveva stipulato una convenzione di 90.000 euro con la Sapienza di Roma) si è aggiudicata una borsa di studio finanziata proprio dalla Sapienza.

Vi sembra normale?».

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