
Mai avrei pensato di trovarmi a scrivere queste righe ma, dopo l'omicidio di Charlie Kirk, sono diventato (mio malgrado) oggetto di minacce sui social venendo paragonato al giovane attivista americano ucciso. La mia colpa? Portare avanti, da quasi coetaneo di Kirk, da vari anni un'attività culturale a sostegno dei valori conservatori promuovendo eventi, iniziative, pubblicazioni in difesa della libertà. Così, per il semplice fatto di esprimere pubblicamente le mie idee e di promuovere, in particolare nel mondo giovanile, posizioni non conformiste e politicamente scorrette, sono finito per essere (così come altri giornalisti e opinionisti liberali e conservatori) un bersaglio da colpire, oggi con la violenza verbale, domani chissà.
Nelle ore successive all'omicidio di Charlie Kirk sono comparsi sui social questi commenti (nella foto): "un po' mi spiace che hanno sparato a Franco Giubilei. Ma poi a pensarci bene anche no", "a me è venuto in mente anche Giubilei" e ancora "è un Giubilei che ce l'ha fatta" (a morire). Parole così violente in un primo momento mi hanno sorpreso perché ho sempre utilizzato toni dialoganti e mai sopra le righe ma, pensandoci meglio, ho capito che oggi ciò non basta e non è più sufficiente. Non importa infatti quanto puoi essere educato nei tuoi interventi, aperto al confronto e rispettoso degli altri ma, il semplice fatto di esprimere opinioni in difesa della famiglia, a favore della nazione, contro un'immigrazione senza limiti, in contrasto alla cultura woke, ti rende un bersaglio da colpire. È il risultato di una società sempre più polarizzata in cui, secondo alcuni, le idee conservatrici e chi le esprime non devono avere diritto di cittadinanza nel dibattito pubblico.
D'altro canto non c'è da stupirsi guardando la piega che ha assunto la discussione negli ultimi giorni. Se giornalisti, opinionisti, intellettuali (o presunti tali) di sinistra, dopo l'uccisione di un ragazzo di 31 anni, hanno fatto passare il messaggio, come se nulla fosse, che "se l'è cercata", figuriamoci cosa possono scrivere sui social network utenti che si nascondono dietro il paravento dell'anonimato. Negli Stati Uniti, e anche in Italia, si sta diffondendo un pensiero molto pericoloso: l'uso della violenza, fino ad arrivare all'uccisione di una persona, è legittimata nei confronti di chi esprime idee e opinioni giudicate non conformi, sconvenienti o politicamente scorrette.
Così facendo stiamo tornando a un pericoloso clima da anni di piombo in cui ci sono gli esecutori materiali della violenza e i cattivi maestri che la promuovono, più o meno inconsapevolmente, con parole le cui conseguenze possono essere tragiche.