Lei si chiama Severa (per gli amici «Severina»: così, giusto per addolcire un po' l'asperità di queste sei lettere), nome perfetto per una insegnante «vecchio stampo».
Cosa significhi «vecchio stampo» lo spiega lei stessa, nel corso di una telefonata in redazione con la quale la «prof Severa» ci chiede un «consiglio»: «Credo che la scuola abbia, e non da oggi, derogato in gran parte al proprio ruolo educativo. Io ho 60 anni e ho scelto la cattedra come missione. Con i miei studenti cerco sempre di premiare il merito, opponendomi a un egualitarismo che è solo la scorciatoia per il fallimento nella vita».
Ma in cosa consiste il «consiglio» che dovremmo darle?
«Insegno Italiano in un liceo del Nord dopo essermi trasferita nel 2006 da Napoli. Quest'anno ho ottenuto dal ministero il famigerato bonus qualità per una serie di progetti didattici che ho realizzato per i miei alunni. Si tratta di una somma esigua, 400 euro (lorde e accreditate sullo stipendio in due differenti trances, prima l'80% e poi il rimanente 20% ndr), ma che per me rappresenta una grande soddisfazione morale: un attestato che la preside al mio impegno e alla qualità del mio lavoro».
Allora va tutto bene, lei è contenta. Di quale «consiglio» ha bisogno?
«Dal giorno in cui a scuola si è sparsa la voce dell'assegnazione del bonus, molti colleghi hanno cominciato a guardarmi male».
E perché la «guardano male»?
«Perché dicono che quel bonus o lo danno a tutti o non devono darlo a nessuno».
Alla faccia del «merito»...
«A sostenerlo sono soprattutto i docenti più sindacalizzati che sostengono che il bonus in questione dovrebbe essere girato alla scuola stessa per consentire lavori di ristrutturazione dell'edificio che cade a pezzi; oppure per arricchire di nuovi volumi la biblioteca o comprare strumenti per i laboratori».
Cioè scusi, mi faccia capire, il sindacato le chiede di devolvere il suo bonus per riparare i muri dell'istituto dove insegna?
«Proprio così. Non si tratta di un'imposizione vera e proprio, ma di un semplice suggerimento. Il risultato è che oggi io mi sento in colpa per aver incassato l'80% di quei 400 euro lordi (circa 200 euro netti). Ho chiesto alla preside se sia possibile rinunciare alla somma, ma le mi ha risposto che è tecnicamente impossibile».
Quindi che cosa ha deciso di fare?
«Avrei pensato di restituire i 200 euro alla mia scuola sotto forma di donazione, ma anche questa procedura presenta delle difficoltà di ordine burocratico».
Allora ha pensato di tenerseli questi benedetti (o maledetti) 200 euro?
«Ecco, è su questo punto che vi chiedo un consiglio. Non riesco infatti a decidermi. A voi sembra giusto che rinunci al bonus per far contenti i miei colleghi del sindacato?».
No, professoressa, a noi non pare giusto. Anche perché scommettiamo che quegli stessi professori che la criticano il bonus di merito non l'hanno preso».
«No, loro sono specializzati in vertenze sindacali».
Sicuramente «fondamentali» per il bene della scuola.
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