Cronaca internazionale

Iran, protesta negli atenei e in 80 città del mondo. Morto "suicida" un reporter appena scarcerato

Manifestazioni dei giovani soffocate dalla violenza dei poliziotti in borghese

Iran, protesta negli atenei e in 80 città del mondo. Morto "suicida" un reporter appena scarcerato

Gli iraniani sono scesi di nuovo in piazza ieri in varie città. Da Teheran a Karaj, ma anche a Najafabad e a Bandar Anzali. Hanno urlato slogan contro i potenti Pasdaran: «Voi siete l'Isis dell'Iran». Gli attivisti del gruppo 1.500Tasvir hanno pubblicato video dove si vedono gli studenti di diverse università di Teheran e di altre città che cantano slogan antigovernativi. «Giuriamo sul sangue dei nostri amici che resisteremo fino alla fine», era il grido per chiedere il rilascio dei loro compagni. Nella maggior parte delle università i manifestanti sono stati attaccati dalle guardie in borghese, in agguato agli ingressi. I video mostrano anche giovani che installano striscioni per rendere omaggio ai 176 passeggeri e membri dell'equipaggio uccisi quando il volo PS752 della Ukraine International Airlines fu «erroneamente» abbattuto dai Pasdaran vicino a Teheran l'8 gennaio 2020. Ma anche cartelli che ricordano le ultime due impiccagioni avvenute sabato. In alcune città, Kermanshah, Saghez e Abdanan i negozianti hanno scioperato.

Ma la protesta è continuata anche a livello internazionale, in 80 città del mondo per commemorare le vittime della repressione e lo stesso anniversario dell'abbattimento del volo PS752. A Brisbane, in Australia, a Roma, ma anche a Londra. «Smettetela di sostenere il governo dei mullah», hanno scandito i dimostranti nel centro della capitale britannica.

Parole dure pure dalla nota attivista per i diritti umani, prigioniera politica e avvocata Nasrin Sotoudeh che ha commentato le ultime impiccagioni. L'esecuzione sabato di Mohamadmehdi Karami e Mohammad Hosseini è stata di fatto un «omicidio» da parte della Repubblica islamica. Sotoudeh ha ricordato che «i due manifestanti non hanno avuto modo di contattare i loro avvocati», e ha definito questa mossa «una violazione della legge». Forte presa di posizione anche del bomber della nazionale di calcio iraniana Mehdi Taremi: «Basta, finitela», ha scritto su Twitter e ha tuonato: «La giustizia non si fa con il cappio». Poi è stato il turno dell'atleta iraniana di taekwondo Nahid Kiani. Ha pubblicato un'immagine sui social che la ritrae senza hijab e ha postato sul suo account Instagram lo slogan «Donna, vita, libertà». Non è tardato ad arrivare il monito secco del ministro degli Esteri Antonio Tajani: «L'Iran ha superato la linea rossa. L'Italia è contraria alla pena di morte. Ho convocato l'ambasciatore e gli ho chiesto di inviare un messaggio a Teheran. Mi pare che la risposta giunta informalmente vada nella posizione opposta».

Intanto le morti sospette continuano. Un giornalista si è «suicidato» dopo essere stato scarcerato in Iran. Era Mohsen Jafarirad, 36 anni, reporter, critico cinematografico e documentarista. La sua morte è stata resa nota dal collega Hoshang Golmakani su Instagram: «Suicidio dopo la libertà. Qualche settimana fa, durante i disordini a Karaj, Moshen è stato arrestato mentre si recava a casa sua. Poi è stato rilasciato», ha raccontato. Sembra che non sia il primo caso di suicidio dopo il rilascio dalle carceri iraniane.

E ora altri quattro iraniani sono stati condannati a pene che vanno da uno a 10 anni di carcere per aver incitato ad uno sciopero durante il movimento di protesta. È la prima volta che un tribunale pronuncia questo tipo di condanna durante le proteste. Ma la repressione non finisce qui. L'intelligence iraniana ha annunciato l'emissione di mandati d'arresto per «16 membri attivi» nelle recenti proteste con l'accusa di «disturbi della quiete pubblica e della sicurezza». Alcune di queste persone, che operano sui social network, vivono all'estero.

E infine c'è stato l'intervento di fuoco del comandante dei Pasdaran Hossein Salami che ha di nuovo minacciato l'Occidente per l'uccisione dell'ex generale Qassem Soleimani: «Prima o poi vendicheremo il suo assassinio».

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