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Iran, lo scambio di prigionieri può salvare la vita a Djalali

Rinviata l'esecuzione dello scienziato accusato di spionaggio. Torna in carcere la paladina femminista

Iran, lo scambio di prigionieri può salvare la vita a Djalali

Uno scambio «globale» di prigionieri che coinvolga l'Occidente con detenuti eccellenti è l'idea dell'Iran, che tiene dietro le sbarre diversi europei e americani. Nelle carceri degli ayatollah ci sono una dozzina di detenuti con doppia cittadinanza, iraniana e occidentale, utilizzati nella cosiddetta «diplomazia degli ostaggi». Il caso del medico iraniano-svedese, Ahmad Reza Djalali, condannato a morte fa parte del «pacchetto». «Lo dico in modo categorico, sì possiamo» portare avanti lo scambio dei prigionieri ha dichiarato ieri il ministro degli Esteri iraniano, Mohammad Javad Zarif. L'occasione era la conferenza Med dialogues 2020 organizzato dalla Farnesina e dall'Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi). «Ci sono diverse proposte sul tavolo, ho suggerito uno scambio globale di prigionieri» ha spiegato Zarif. «Prigionieri iraniani sono detenuti in modo illegale in Europa, trattenuti ingiustamente negli Stati Uniti e in Africa per i quali è stato disposto il rilascio, ma a causa di pressioni dagli Usa continuano a essere in stato di detenzione. Possono tutti tornare a casa dalle loro famiglie e l'Iran è pronto a ricambiare. Lo possiamo fare domani o anche oggi» ha sostenuto il capo della diplomazia degli ayatollah.

In questi giorni siamo al conto alla rovescia per l'esecuzione di Ahmadreza Djalali ricercatore della medicina delle catastrofi di origine iraniana, ma naturalizzato in Svezia. Nel 2016 durante un viaggio a Teheran, su invito dell'università locale, è stato arrestato e accusato di spionaggio a favore di Israele. Djalali, che ha vissuto anche i Italia lavorando con l'università del Piemonte orientale ha sempre negato tutto. Nel 2017 è stato condannato a morte e non sono serviti a molto gli appelli a suo favore dell'Onu, di 121premi Nobel, di Amnesty international e del Parlamento europeo. I servizi segreti iraniani lo accusano di avere fornito informazioni su scienziati nucleari iraniani uccisi con lo zampino del Mossad. Il processo si è svolto a porte chiuse e Djalali è stato sottoposto a condizioni inumane di detenzione.

Nelle ultime ore l'impiccagione è stata rinviata, forse solo di pochi giorni, ma sta trapelando la speranza di uno scambio. Il 25 novembre era stata liberata l'accademica anglo-australiana Kylie Moore-Gilbert, detenuta da due anni, in cambio del rilascio di tre iraniani carcere in Thailandia. Per Djalali gli ayatollah punterebbero a tirare fuori dai guai Assadollah Assadi, funzionario di alto grado all'ambasciata iraniana a Vienna che è sotto processo in Belgio, con l'accusa di avere partecipato all'organizzazione di un attentato in Francia, poi sventato, contro il Consiglio nazionale di resistenza iraniano, un cartello di diverse sigle dell'opposizione all'estero anche armata.

Nasrin Sotoudeh, avvocato e attivista dei diritti umani, fa parte della schiera di detenuti politici interni condannata a 30 anni come oppositrice del regime. Il 7 novembre era stata rilasciata a causa dell'emergenza Covid nelle carceri iraniane. Ieri, però, l'hanno riportata dietro le sbarre, alla vigilia della cerimonia della consegna «virtuale» del premio Nobel alternativo della «Right Livelihood Foundation».

Il segretario di Stato americano Mike Pompeo ha ricordato che «Baquer Namazi» incarcerato in Iran durante l'amministrazione Obama «compie oggi 84 anni (ieri per chi legge, nda).

«Suo figlio Siamak e Morad Tahbaz, anche loro cittadini americani, stanno ancora soffrendo nel carcere di Evin» ha denunciato Pompeo.

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