
A dieci anni dall'accordo sul nucleare del 2015, voluto fortemente da Barack Obama e cancellato da Donald Trump che aveva allentato la stretta sul regime di Teheran, le Nazioni Unite hanno reintrodotto le sanzioni contro l'Iran per il suo programma nucleare. Le misure prevedono un embargo totale sulle armi, congelano inoltre anche i beni iraniani all'estero e penalizzano qualsiasi sviluppo del programma missilistico balistico iraniano.
Le misure sono scattate dopo che sono falliti i negoziati degli ultimi mesi, nonostante gli sforzi diplomatici di Stati Uniti ed Europa. Gli Stati Uniti hanno chiesto ai Paesi membri dell'Onu di applicarle "immediatamente", sottolineando che l'obiettivo resta un accordo negoziato. Il segretario di Stato Marco Rubio ha invitato Teheran ad "accettare colloqui diretti in buona fede". Anche le cancellerie europee e Washington lasciano aperta la via delle trattative. In una dichiarazione congiunta, Francia, Regno Unito e Germania hanno esortato Teheran a "evitare azioni di escalation", spiegando che "il ripristino delle sanzioni non significa la fine della diplomazia". Un concetto ribadito dall'Unione europea tutta. Soddisfazione di Israele, secondo cui la decisione rappresenta un "importante passo avanti in risposta alle continue violazioni dell'Iran, in particolare per quanto riguarda il suo programma nucleare militare". Il ministero ha inoltre affermato che "il mondo deve usare ogni strumento" per impedire all'Iran di sviluppare armi nucleari.
Dura la reazione di Teheran.
"La decisione di ripristinare risoluzioni scadute non è solo giuridicamente infondata, ma anche politicamente e moralmente ingiustificabile", ha scritto il ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi, sostenendo che non hanno base giuridica e che "ogni tentativo di danneggiare l'Iran incontrerà risposte appropriate e la piena responsabilità ricadrà su coloro che hanno preferito la pressione alla cooperazione".Russia e Cina, vicine al regime di Teheran, si sono opposte anche loro alla reintroduzione delle sanzioni, tentando senza successo di rinviare le misure di sei mesi. Per Mosca l'operazione è "illegale e inapplicabile".