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Isis uccide il crociato italiano: "Sono Lorenzo, non un eroe"

Orsetti, fiorentino 33 anni, nome di battaglia Tekosher Combatteva con i curdi, ieri è caduto in un'imboscata

Isis uccide il crociato italiano: "Sono Lorenzo, non un eroe"

Lorenzo Orsetti, nome di battaglia Heval Tekosher, il lottatore, è caduto in prima linea contro i tagliagole dello Stato islamico nell'ultima sacca del Califfato a Baghuz nella Siria orientale. «Abbiamo ucciso un crociato italiano» propagandavano ieri in rete le bandiere nere o quello che ne resta mostrando la sua tessera sanitaria. In segno di disprezzo hanno postato anche la foto del corpo senza vita di Lorenzo, nella polvere, in mimetica e barba rossiccia. Fiorentino, 33 anni, era tutto fuorché un crociato. Lo conoscevo da tempo e l'ho intervistato l'ultima volta il 3 febbraio nel nord est della Siria per il Giornale. Un compagno, anarchico, idealista, innamorato della causa curda, che imbracciava le armi giustamente convinto di combattere «una battaglia di civiltà» contro «un male assoluto» come spiega nel video degli Occhi della guerra (www.gliocchidellaguerra.it).

Gli irriducibili del Califfo dell'ultima ridotta, che non vogliono arrendersi, devono essere spuntati fuori all'improvviso. Il 12 marzo partendo per il fronte Lorenzo aveva scritto su Facebook: «A quanto pare sono rimaste diverse case-trincee-tunnel». Il volontario italiano è stato ucciso dall'Isis assieme ad altri 4 combattenti dell'Unità di protezione del popolo (Ypg). Le Forze democratiche siriane dominate dai curdi, che stringono l'assedio con l'appoggio aereo americano, stanno cercando di recuperare i corpi. Quello del volontario fiorentino sarebbe ancora in mano alle bandiere nere.

Lorenzo era un veterano, un foreign fighter dalla parte giusta, che quando descriveva le battaglie preferiva parlare degli altri combattenti al suo fianco e non di se stesso. «I proiettili fischiano dappertutto. Ci scaricano addosso un inferno di razzi Rpg e missili anticarro telecomandati. La postazione vicina cade subito, ma noi continuiamo a resistere e sparare» raccontava al telefono al Giornale in dicembre durante la battaglia di Haijn.

Diceva sempre «non sono un eroe», ma teneva in tasca «tre proiettili: due per i compagni al tuo fianco e l'ultimo per te stesso. Vivo non mi faccio prendere».

Orso per gli amici, aveva lavorato per 13 anni come cameriere, cuoco e sommelier sulle colline toscane. Nel 2017 è partito per la Siria arruolandosi nella Brigata internazionale che mescola anarchici, antifascisti, ma pure ex legionari francesi e marines americani. Negli ultimi anni sono stati circa 2000 compresi una trentina di italiani. A febbraio i connazionali erano 6 comprese due donne nelle unità femminili dei curdi. «Se in Italia dovessero accusarmi di qualcosa rispondo che sono fiero di quello che sto facendo in Siria. Sono pronto ad assumermi le eventuali conseguenze» sosteneva Lorenzo nell'ultima intervista.

Tekosher è stato addestrato all'Accademia, una scuola politica e militare nel nord est della Siria. Poi ha avuto il battesimo del fuoco nell'enclave di Afrin spazzata via dai turchi. «Sembrava il Vietnam. I caccia e i droni facevano terra bruciata. Ho visto i corpi carbonizzati dei miei compagni ed i civili sotto le macerie» spiegava Tekosher. Per l'intervista al Giornale e Gli occhi della guerra dello scorso mese l'ho incontrato presso la base della Brigata internazionale a Tell Tamer, dove mi indicava la strada sterrata d'ingresso spiegando che «quasi ogni notte le cellule clandestine dell'Isis si avvicinano e piazzano delle trappole esplosive».

L'ultima volta ci siamo sentiti il 7 marzo. Era convinto che la resistenza dei tagliagole fosse agli sgoccioli, ma pronto a tornare in prima linea. Sul mondo avevamo idee diverse, ma nel sangue e nel fuoco della battaglia contro il Califfo ho provato grande rispetto per la sua scelta. Assieme ai curdi combatteva una guerra senza pietà anche per noi occidentali con il sedere al caldo a casa.

Tekosher è morto da «lottatore», come ha vissuto nell'ultimo anno e mezzo in Siria.

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