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"Israele pratica l'apartheid verso i palestinesi". Ecco perché l'accusa di Amnesty è una vergogna

Altro che diritti umani. L'organizzazione è stata travolta dalla politica

"Israele pratica l'apartheid verso i palestinesi". Ecco perché l'accusa di Amnesty è una vergogna

Quando Salman Rushdie, con quei 600mila dollari di taglia che gli pendevano sul capo, condannato a morte con una fatwa, affermò nel 2016 che Amnesty International era stata travolta da «un'autentica bancarotta morale», si riferiva alla sua resa all'Islam violento, ai suoi regimi e gang, alla paura, al suo sentimento antioccidentale, antiamericano, antisraeliano. Questo viene oggi una volta di più sancito dal rapporto con cui questa organizzazione criminalizza lo Stato di Israele, e non solo la sua politica, ma l'esistenza stessa. Amnesty dichiara lo Stato Ebraico illegittimo in quanto coloniale e razzista. Non fondato per una scelta di autodeterminazione di una popolazione che torna a casa, non una decisione indispensabile alla sopravvivenza, non una scelta difesa con le unghie e con i denti contro un terrorismo sanguinario ed eserciti in movimento.

Il rapporto stilato dalla sezione inglese è una vergogna per l'organizzazione di cui invece si ricordano le battaglia per i dissidenti comunisti o contro l'apartheid (quello vero, del Sud Africa). Poi l'organizzazione è stata travolta dalla politica: lacune sistematiche nel denunciare abusi di diritti umani in Siria, in Iran, in Turchia, per avventarsi sugli Usa o sui Paesi europei; uno sguardo ideologico che confonde l'aggredito con l'aggressore; il terrorismo di Hamas giustificato; sguardo sull'immigrazione che criminalizza solo i Paesi di approdo. E un tripudio di odio contro lo Stato ebraico.

Il rapporto è un viaggio, come ha scritto Dan Diker, in 211 pagine di «realtà alternativa», il remake di un film del 1975 quando l'Onu votò «sionismo uguale razzismo», e poi ha cancellato il voto; o la conferenza di Durban nel 2001; o quando il giudice Richard Goldstone stilò nel 2009 un suo rapporto che disegnava Israele come un criminale di guerra, e poi nel 2011 pentito lo ritirò. Amnesty si avventura nella folle accusa di apartheid, mentre gli arabi sono al governo e nella Corte Suprema, negli ospedali, alla Knesset, all'università. Ovunque ti imbatti nella incredibile varietà di culture, religioni e razze di questo Paese che non si è mai arreso moralmente di fronte all'aggressione di eserciti e terroristi arabi. Amnesty usa il termine apartheid perché è il peggiore, indegno, destinato a scomparire, appunto come il Sud Africa. Con un'assoluzione collettiva urbi et orbi al terrorismo e alle guerre, simile a quello (Alan Dershowitz disse «Crimine di Guerra per Israele è tutto ciò che fa per difendere i propri cittadini»), della violazione sistematica dei diritti umani da parte palestinese.

Intorno a questa delegittimazione si costruisce un castello che Amnesty pretende costruito su prove (proprio come fece Goldstone). Ma la delegittimazione invece appare vecchia e rifritta, e suggerisce che il popolo ebraico non sia originario di Israele, che gli ebrei segreghino i palestinesi in nome di ideali suprematisti, che i check point siano un gesto di arroganza razzista, e non una necessità senza la quale gli assassini, come è avvenuto, colpiscono a migliaia; il contesto è cancellato, Israele impone la sua morsa a un mondo innocente. In realtà, appena si apre uno spiraglio col mondo arabo, si può osservare il caleidoscopio dei mille ruoli degli arabi israeliani mescolati con la società di Tel Aviv e di Haifa; e della passione con cui ci si precipita a fraternizzare con i Paesi del patto di Abramo. Le balle di Amnesty fanno uso di un linguaggio sovversivo sotto la copertura del tema dei diritti umani e il mondo intero dovrebbe chiedere all'organizzazione di chiedere scusa per questo.

La delegittimazione di Israele è il vero sfondo su cui si basa l'incitamento antisemita e lo scopo terrorista di distruggere Israele: se Israele è un Paese ignobile, gli ebrei sono degni di quelle manifestazioni che ormai sconvolgono il mondo in cui si urla «Hitler aveva ragione» e «Fuck the jews». Così funziona la logica pubblica, e, nello stesso paradigma, l'Iran ha ragione quando dichiara di voler distruggere Israele. Amnesty quindi ha agito in maniera irresponsabile fregiandosi di un bene morale, i diritti umani, che appartiene a tutti: mostra con prosopopea quella medaglia, ma in realtà la fa a pezzi.

Denuncia i torti che gli arabi secondo lei ricevono da Israele, e non le centinaia di migliaia di morti per mano di Bashar Assad, né la tortura quotidiana di essere un cittadino del regime autoritario di Gaza.

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