Cronache

Italia, ossessione dieta Ma la corsa a dimagrire fallisce con il fai-da-te

Metà della popolazione cerca di perdere peso Senza ricorrere ai consigli di un nutrizionista

Italia, ossessione dieta Ma la corsa a dimagrire fallisce con il fai-da-te

Dieta, un'ossessione nazionale. Un italiano su due, per la precisione il 51 per cento, si è sottoposto a un regime alimentare restrittivo negli ultimi due o tre anni, per perdere peso e ridurre il girovita. Un segnale di grande amor proprio, anche se poi nell'83 per cento dei casi l'aspirante magro non si fa supportare da un dietolgo o da un nutrizionista ma sceglie di fare da sé. Il che se si seguono regole di buon senso (ridurre il sale, i grassi, aumentare le razioni di frutta e di verdura) non è necessariamente un male. Ma il fatto è che alle volte ci si basa su regimi alimentari abborracciati, estremi, fantasiosi, spesso scaricati da internet o consigliati da amici, che nel migliore dei casi apportano dei vantaggi solo temporanei sul nostro girovita e nel peggiore fanno decisamente male perché sbilanciati o non adatti al nostro stato di salute.

È uno dei dati più significativi della ricerca promossa da UniSalute e realizzata da Nomisma, sugli stili di vita, che disegna un quadro tutto sommato piuttosto rassicurante del rapporto tra gli italiani e la prevenzione.

Partiamo dal rapporto con il cibo, che è al contempo paradiso e inferno degli italiani. Quando si chiede loro che cosa sia il mangiare in generale, il 68 per cento risponde: soddisfazione, piacere, felicità, mentre il 49 per cento un momento di condivisione e il 20 espressione della cultura nazionale e regionale. Solo il 30 per cento vede nell'alimentazione uno strumento per mantenersi in salute e il 15 per cento si ascrive a quel gruppo piuttosto triste di persone che mangia solo per nutrirsi.

Gli italiani sono osservanti seguaci della dieta mediterranea: il 40 per cento mangia regolarmente frutta, il 39 verdura, mentre il 64 per cento non potrebbero mai rinunciare all'olio extravergine d'oliva. Solo il 18 per cento non potrebbe fare a meno di un altro simbolo dell'italianità alimentare, il caffè. Quanto alla cattiva alimentazione, tutti la aborrono ma solo il 32 per cento è preoccpuato per la linea. Gli altri temono per la salute: il 20 per cento per l'incidenza sui tumori, il 16 per il colesterolo e l 15 per la circolazione e le malattie cardiovascolari.

Strettamente legata all'alimentazione è la pratica dello sport, che spesso permette di compensare qualche piccola trasgressione. Solo il 28 per cento degli italiani sostiene di praticare sport con regolarità, mentre il 47 per cento lo fa solo in modo occasionale mentre 9,4 milioni di persone tra i 18 e i 65 anni sono completamente sedentari.

Da queste risposte Nomisma divide gli italiani in due macrocategorie: coloro che hanno uno stile di vita fondamentalmente sano (healthy lifestyle), che raggruppano il 73 per cento del campione, e coloro che invece indulgono all'unhealthy lifestile, e che sono il 27 per cento del totale. Di solito queste due categorie corrispondono in maniera piuttosto fedele a coloro che fanno prevenzione o non la fanno.

Chi presta attenzione ad avere abitudini salutari crede nel potere dei controlli continui (38 per cento) oppure rimanda le visite mediche solo per disturbi minori (41). Chi invece ha uno stile di vita poco salutare sembra quasi non voler sapere nulla sulla propria salute. Il 21 per cento fa meno visite mediche possibile. Non sorprende che sia andato nell'ultimo anno dal medico di base almeno due volte il 71 per cento dei «virtuosi» e il 31 per cento dei «viziosi». E quando si parla di cure odontoiatriche (dove subentra anche la paura del dolore) la percentuale di questi ultmi sprofonda al 19 per cento.

La ricerca è stata presentata ieri a Milano nel corso dell'evento #VivereinSalute, al quale hanno preso parte Giovanna Gigliotti, amministratore delegato di UniSalute del gruppo Unipol, Silvia Zucconi, responsabile market intelligence di Nomisma, Marco Bianchi, food mentor, Francesco tonelli, professore emerito di Chirurgia generale dell'Università di Firenze e Daniela Turchetti, professoressa associata di Genetica medica dell'Università di Bologna.

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