Roma - Mentre a Palazzo Chigi e al Quirinale si ragiona su un sempre più probabile «election day» che vedrà abbinate le Politiche e le Regionali di Lazio e Lombardia a marzo (il 4 o il 18 le date più gettonate), il Parlamento si prepara al rush finale della legislatura.
La Camera è occupata con la sessione di bilancio, e tutti i riflettori sono puntati sul Senato, dove oggi si riunisce la conferenza dei capigruppo per stabilire il calendario di queste ultime settimane di lavori. Il Pd chiederà di inserire come primo provvedimento, da iniziare ad esaminare già in settimana, il testamento biologico. Che sulla carta può contare su una vasta maggioranza trasversale, visto che sia la sinistra estrema che i grillini hanno annunciato il proprio sì. Mercoledì potrebbe essere il primo giorno utile per aprire la discussione in aula, subito dopo il varo della riforma del regolamento interno di Palazzo Madama.
La preoccupazione della vigilia, al Nazareno, era che il presidente del Senato Grasso, nella sua nuova veste di leader del partitino nato dalla fusione di Mdp e Sel, si mettesse di traverso. Puntando invece sullo ius soli, legge assai più contrastata che spaccherebbe la maggioranza. Ieri lo stesso Grasso ha smentito questa ipotesi, spiegando che la definizione del calendario non dipende da lui: «Tutti i senatori sanno che il presidente non ha poteri sul calendario. In capigruppo egli fa solamente una proposta, che può essere poi modificata e integrata dai presidenti dei gruppi, e che viene approvata a maggioranza».
Bisognerà quindi vedere come i gruppi si pronunceranno oggi sulla richiesta del Pd di dare la priorità alle norme sul fine vita, ma i dem ieri si mostravano ottimisti: «I Cinque Stelle si sono troppo esposti a favore del biotestamento per non approvarne l'inserimento all'ordine del giorno, anche se è da vedere se poi effettivamente lo voteranno», spiega chi segue il dossier.
Il Pd chiederà anche la successiva calendarizzazione dello ius soli, ben sapendo che né il centrodestra né i grillini lo vogliono, e che il tempo non ci sarà: il 22 dicembre la Finanziaria torna al Senato per il voto di fiducia finale, e poi ci sono le vacanze natalizie. «Se si vuole, possiamo anche tornare il 27 dicembre per votarlo, magari con la fiducia», azzarda il senatore dem Stefano Esposito. Ma nessuno, a cominciare dal Quirinale, permetterebbe un azzardo simile a fine legislatura, col rischio che il governo vada sotto e che Paolo Gentiloni debba arrivare dimissionario alle elezioni. Quando parlano di «fine ordinata della legislatura», sia il premier che il capo dello Stato si riferiscono proprio a questo: evitare di passare per crisi o dimissioni che pregiudicherebbero il futuro. Se nel prossimo Parlamento non si trovasse la maggioranza per varare un nuovo governo, come dicono ora i sondaggi, toccherebbe a Gentiloni di restare a Palazzo Chigi per gestire l'ordinaria amministrazione.
Così, il biotestamento - tema che non solo sta a cuore al Pd e ai suoi potenziali alleati (ammesso ci siano, perché ieri il Campo progressista di Pisapia dava pericolosi segnali di implosione), ma trova largo consenso nell'opinione pubblica - potrebbe diventare l'ultima riforma di questo Parlamento.
Che potrebbe venire sciolto ai primi di gennaio, per votare a marzo.E siccome nel 2013 si votò contemporaneamente anche per le regionali di Lazio e Lombardia, l'abbinamento delle elezioni anche questa volta è pressoché obbligato.
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