"Lo ius soli complica soltanto": la verità sulla legge pro migranti

Coi 5S pronti a cedere sui dl Sicurezza, la sinistra rispolvera il suo pallino: concedere la cittadinanza agli immigrati

"Lo ius soli complica soltanto": la verità sulla legge pro migranti

Il mese di luglio è stato contraddistinto da un’ondata eccezionale di sbarchi, con l’emergenza immigrazione che ha registrato una delle fasi più nere di questi ultimi anni. Basti pensare che nel luglio appena trascorso sono approdati nel nostri Paese 6.760 migranti, contro i 1.088 dello stesso periodo dello scorso anno. Un flusso che non accenna ad arrestarsi eppure,da parte del centrosinistra, si sta premendo per tornare a spingere su uno dei cavalli di battaglia che però non ha mai convinto fino in fondo. Il riferimento è allo ius soli, il progetto di riforma cioè con cui si vorrebbe concedere la cittadinanza automaticamente a chi nasce all’interno del nostro territorio. Un principio che si contrappone allo ius sanguinis attuale, che invece valuta come elemento cardine per la concessione automatica della cittadinanza l’avere almeno uno dei due genitori di nazionalità italiana.

Le criticità legate allo ius soli

Lo ius soli risulta presentare non poche criticità proprio su quel fronte culturale a cui spesso i sostenitori della riforma si sono appellati nelle loro battaglie: “Ammesso che venga introdotto lo ius soli – ha dichiarato a IlGiornale.it il professor Marco Lombardi, direttore del centro di ricerca Itstime e docente dell'Università Cattolica – esso darebbe una risposta alla complessità della società odierna soltanto da un punto di vista amministrativo e burocratico. Non invece sul fronte culturale, che è più complesso”. In molti altri Paesi europei dove lo ius soli è da anni già in vigore, i peggiori problemi relativi all'integrazione sono stati riscontrati proprio sulla terza generazione di migranti, quelli cioè nati direttamente nel vecchio continente e che hanno da subito avuto la cittadinanza: “Sono persone che si sentono straniere in patria – ha proseguito Lombardi – e lo Ius Soli non risolve alcun problema. Anzi, il non sentirsi pienamente organici ad una comunità nazionale a cui si appartiene può generare una risposta contenuta, ad esempio, nel radicalismo islamico”.

“Il problema culturale – ha poi ribadito Lombardi – lo ius soli non lo ha mai risolto, semmai lo ha amplificato. Molti giovani in Paesi come Francia o Belgio si sono ritrovati quasi avulsi dal loro contesto. In Italia poi la situazione sarebbe anche peggiore. Ripeto, il problema non è amministrativo e burocratico, ma culturale e lo ius soli non interviene su questo fronte”.

A dimostrare che lo ius soli attualmente non è una vera priorità per l'Italia, ci pensano anche i dati degli ultimi 22 anni hanno infatti mostrato che, con la 91/92 in vigore, il numero dei cittadini di origine straniera che hanno acquisito la cittadinanza italiana ha assunto un valore sempre più elevato. Si è passati, in particolare, dai 12.036 del 1998 ai 224.000 del 2017.

piccoli stranieri

Lo ius soli durante il governo Gentiloni

Di ius soli se n’è parlato e, anche tanto, nel corso del governo guidato da Paolo Gentiloni. Uno degli impegni che in quel contesto l’esecutivo aveva assunto era proprio quello riconoscere il diritto alla cittadinanza a tutti coloro i quali fossero nati in Italia da genitori non italiani. Un mpegno più volte ribadito dallo stesso ex primo ministro in diversi contesti: “Speriamo di essere orgogliosi, è questo l'impegno del governo e mio personale - aveva detto Gentiloni All’Eliseo in occasione del decennale del Pd - di poter dire di aver aggiunto il diritto alla cittadinanza per quei bambini che frequentano la nostra scuola, che vivono i nostri quartieri e che giocano nelle nostre squadre di calcio, ma che sono nati da genitori stranieri. Stiamo lavorando per approvare la legge entro questa legislatura".

Un impegno ribadito in più circostanze ma poi un nulla di fatto: la legge sulla cittadinanza è stata un fallimento. L’approvazione della legge è saltata poco prima del Natale 2017 e qualche mese prima lo scioglimento delle Camere, cioè nel giugno del 2018. Lo ius soli era appoggiato in Parlamento dalla coalizione di centrosinistra ma erano venuti a mancare i numeri in Senato per la sua discussione. In quell’occasione molti parlamentari, insistendo per l’approvazione della legge, avevano anche chiesto al governo di mettere la questione fiducia sul voto decisivo. Il governo in quel contesto ha deciso di non intervenire dicendo che sarebbe stato ancor più rischioso per la legge stessa. La possibile bocciatura in Senato, secondo Gentiloni, avrebbe sortito l’effetto di far archiviare la legge per anni.

Il silenzio durante il governo gialloverde

La volontà dell’ex primo ministro Gentiloni di “proteggere” la legge sullo Jus Soli da una possibile archiviazione non ha trovato riscontro positivo durante il governo successivo la cui maggioranza parlamentare assumeva i colori gialloverdi. La posizione dell’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini è stata infatti sempre chiara e contraria allo ius solii. In più occasione il leader della Lega l’ha definita una cittadinanza facile: "La cittadinanza è una cosa seria e arriva alla fine di un percorso di integrazione, non è un biglietto per il Luna Park”. Motivo per il quale durante il governo Conte I, sull’argomento non si è più tornati a parlare.

Lo ius soli si “trasforma” in ius culturae e la sinistra preme per approvarlo

Con la possibilità di tornare a far parte della coalizione di maggioranza nel governo Conte II, il Partito Democratico e la sua area più a sinistra in particolare, sono ritornati alla caricariproponendo lo ius soli con qualche piccola modifica partendo proprio dal nome: ius culturae. La proposta ha come principale firmataria Laura Boldrini. Con lo ius culturae, rispetto allo ius soli, il diritto alla cittadinanza si acquisirebbe non solo per il requisito di essere nati in Italia ma anche in virtù della presenza di altri elementi di carattere culturale. Il testo di legge prevede nello specifico che la cittadinanza italiana può essere riconosciuta a “chi è nato nel territorio della Repubblica da genitori stranieri, di cui almeno uno è regolarmente soggiornante in Italia da almeno un anno, al momento della nascita del figlio". Ma poi anche a "chi è nato nel territorio della Repubblica da genitori stranieri di cui almeno uno è nato in Italia”.

Laura Boldrini

Poi c’è anche il testo del parlamentare Pd Matteo Orfini. Nel documento si parla di una cittadinanza da attestare nel momento in cui il minore nato da genitori stranieri ha completato almeno un ciclo di studi nel nostro paese. Presentati i testi ecco che a bloccare tutto ci ha pensato il lockdown.Ora, archiviata questa fase, il Pd è tornato a fare pressing sull’approvazione dello ius culturae superando lo ius sanguinis, definito “retrogrado”.

L’altra incognita dello ius soli

C'è poi un altro aspetto, quello legato al terrorismo: “In Italia abbiamo una legge che dà la possibilità di espellere coloro che sono accusati di essere in odor di terrorismo – ha spiegato ancora il professor Marco Lombardi– In Francia e Belgio questa possibilità non c'è. Molti estremisti sono francesi o belgi a tutti gli effetti, per cui espellerli è impossibile ed a volte le indagini sono state condizionate da questa situazione”. Anche su questo fronte quindi, le esperienze dei Paesi che hanno già applicato lo ius soli non sono apparse positive.

La differenza fra l’attuale legge e quella che vorrebbe la sinistra

L'attuale normativa sulla concessione della cittadinanza, è disciplinata dalla legge 91/92 dove soltanto in un caso è prevista una deroga al principio dello ius sanguinis e cioè “se si nasce sul territorio italiano da genitori apolidi o se i genitori sono ignoti o non possono trasmettere la propria cittadinanza al figlio secondo la legge dello Stato di provenienza”. Per il resto, punto cardine della legge rimane per l'appunto il riferimento ai legami di sangue: se almeno un genitore è italiano allora si nasce italiani. Ci sono però anche tanti altri elementi valutati per ottenere la cittadinanza, a partire dal compimento della maggiore età, fino a quella acquisita per via del matrimonio.

La 91/92 è da anni nel mirino di una parte consistente degli ambienti culturali più a sinistra. La norma viene considerata “antica” e “superata” nella migliore delle ipotesi.

C'è poi chi ha parlato di “discriminazione” e di un mancato allineamento con il resto d'Europa, dove buona parte degli ordinamento ha oramai recepito lo ius soli. Quest'ultimo, a differenza dello ius sanguinis, non va a valutare i legami di sangue bensì il principio secondo cui si acquisisce la cittadinanza del Paese in cui si nasce.

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