Londra Il primo test elettorale per Boris Johnson si è concluso ieri mattina e si colora più di ombre che di luci. I Liberal-Democratici si sono infatti aggiudicati il seggio di Brecon and Radnorshire, nel Galles, portando a 13 la loro rappresentanza parlamentare e riducendo al contempo a 1 la maggioranza teorica su cui può contare il nuovo governo conservatore.
Jane Dodds, 55enne assistente sociale, ha vinto la corsa alla successione a Chris Davies, deputato Tory colpevole di rimborsi spese gonfiati (solo errori contabili, ha dichiarato). Lo stesso Davies era il candidato del partito conservatore per l'elezione suppletiva di giovedì. Una decisione presa quando al governo c'era ancora Theresa May, il partito conservatore era in rotta e la sconfitta considerata certa. I numeri ufficializzati ieri mattina raccontano tuttavia una storia diversa. Dodds ha vinto con il 43,5 per cento dei voti e si è avvantaggiata di un patto elettorale tra le forze pro remain dei Lib-Dem, dei gallesi del Plaid Cymru e dei Verdi, con questi ultimi due che non hanno presentato un loro candidato per favorire Dodds. Un'alleanza strategica che, se sarà confermata a livello nazionale, potrà consegnare molti seggi ai Lib-Dem. «Il mio primo atto come vostro nuovo rappresentante quando sarò a Westminster - ha detto Dodds ai sostenitori - sarà scovare Johnson dovunque si stia nascondendo e dirgli di smetterla di giocare col futuro della nostra comunità, escludendo una no-deal Brexit».
I conservatori sono giunti secondi con il 39 per cento: un risultato migliore delle previsioni grazie all'effetto Johnson che ha galvanizzato la base. Sommando i loro voti al 10,5 guadagnato dal Brexit Party si otterrebbe una maggioranza favorevole all'uscita dall'Ue, con o senza accordo. Non pervenuto il Labour di Corbyn (5,3 per cento, -12,5 rispetto al 2017). Se i contorni della sconfitta sono stati comunque positivi per i conservatori, tuttavia la perdita del seggio parlamentare aggrava la precaria situazione della maggioranza. Il problema per Johnson sta nei numeri: le elezioni anticipate convocate da May nel 2017 hanno azzoppato i Tories, lasciandoli con una maggioranza relativa puntellata dall'alleanza con i nordirlandesi del DUP. I margini si sono ridotti dopo le defezioni lo scorso febbraio di tre parlamentari passati all'Independent Group, un vantaggio ridotto all'osso dopo la sconfitta di ieri. Se si considera che circa una trentina, secondo Dominic Grieve, uno dei leader dei conservatori ribelli, è pronta a opporsi alle manovre governative per un no-deal, si capisce come il successo di Johnson passi attraverso il sostegno dei labouristi pro Brexit. L'entità delle ribellioni nei due principali partiti è fluttuante e di difficile contabilizzazione, influenzata ora anche dall'odio-amore ispirato dal nuovo primo ministro.
Finora quando è stato il momento di passare alla conta Westminster ha bloccato ogni manovra a favore del no-deal così come ogni tentativo di far passare l'accordo proposto da May. Uno stallo che Johnson spera di sbloccare. La strada è molto stretta, mancano 89 giorni.
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