Nessun piano B. Tutt'al più si possono sistemare al meglio le coperture trovate e spiegare gli investimenti in deficit, che verranno «ripagati il prossimo anno con la crescita dell'economia», ma indietro non si torna. L'indomani della bocciatura del Def da parte dell'Europa, il vicepremier Luigi Di Maio non arretra di un millimetro, anzi rivendica la bontà della manovra, distrutta dai media solo perché «la maggior parte delle misure sono del Movimento 5 Stelle». E soprattutto non si mostra per nulla intimorito dall'imminente confronto con Bruxelles, il 15 ottobre, ultimo giorno utile per la presentazione delle bozze di bilancio.
«Non sono preoccupato, perché dopo tanti anni abbiamo scritto una manovra del popolo», dice il ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico. Nonostante la Ue finora si sia mostrata tutt'altro che accondiscendente con le misure italiane e il presidente della commissione europea Jean-Claude Juncker, parlando della manovra su due quotidiani austriaci, abbia persino evocato la Grecia. Juncker non nasconde i suoi timori per la situazione del nostro Paese: «L'Italia non è la Grecia, ma è in una posizione difficile». Non azzarda un vero e proprio paragone per non turbare gli italiani, «nonostante l'elevato livello del nostro debito e un deficit di bilancio eccessivo», ma l'accostamento con la Grecia lo butta là comunque e fa paura. «Ho detto a Friburgo che l'euro era in pericolo se tutti avessero richiesto regole speciali in modo tale da non rispettare gli accordi precedenti», sottolinea Juncker ricordando che spetta ai politici italiani «trovare regole e misure che consentano all'Italia di rimanere entro gli obiettivi di bilancio».
Di Maio non fa una piega. Si aspettava, come tutto il governo, che la manovra non sarebbe piaciuta a Bruxelles ed è pronto al muro contro muro con l'Europa: «Per noi il contratto di governo è sacro e va oltre a qualsiasi altro provvedimento, norma o decreto della Ue». E poi con questa Europa così critica verso l'annunciato sforamento del deficit, il vicepremier non vuole neppure alzare i toni perché «tra sei mesi è finita». Spazzata via - azzarda il ministro grillino nel corso del suo intervento sul palco del villaggio contadino della Coldiretti, al Circo Massimo a Roma - dalle prossime elezioni di maggio. Stessa linea per il vicepremier Matteo Salvini: «L'Europa dei banchieri continua ad insultare gli italiani e il loro governo? Tranquilli, fra sei mesi verranno licenziati da 500 milioni di elettori».
La lettera con cui la Commissione europea, in risposta a quella del ministro dell'Economia Giovanni Tria, dà un giudizio fortemente negativo dei nostri piani di politica economica e sollecita il governo a cambiare rotta pena la bocciatura della legge di bilancio, ha alzato il livello dello scontro. Ma la posizione ufficiale dell'Europa sul deficit italiano non sembra comunque preoccupare il vicepremier: «Apprezzo il fatto che sia stata mandata a mercati chiusi e ora abbiamo tutto il weekend per discutere di questa lettera a mezzo stampa.
So che il presidente Fico nei prossimi giorni andrà a Bruxelles, saremo tutti compatti e faremo lavoro di squadra per spiegare alla Commissione europea che gli italiani hanno bisogno di queste misure, che non sono spot ma finalmente cambiano la vita delle persone». L'Italia troverà un'Europa che «guarda con molta attenzione» il fatto che ha due vicepremier e ministri che usano un linguaggio sboccato sull'Unione europea come istituzione». Parole di Juncker.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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