RomaJean-Claude Juncker si conferma garbato nella forma, spietato nelle vendette. Come la sua Commissione. Quando a fine agosto Matteo Renzi inviò l'indicazione di Federica Mogherini, commise un errore veniale da un punto di vista diplomatico. Non solo fornì il nome della candidata italiana, ma aggiunse anche l'incarico atteso: alto commissario per la Politica estera.
Il ministro degli Esteri ha ottenuto l'incarico, ma ha perso il ruolo di vice presidente vicario della Commissione: ruolo che le sarebbe spettato di diritto (tant'è che è vice presidente, ma insieme ad altri 6 commissari). Su quella poltrona Juncker le ha preferito l'olandese Frans Timmermans. Sarà lui a fare le veci del presidente; sebbene abbia un dicastero che - in Italia - verrebbe identificato come «senza portafoglio»: il miglioramento della regolamentazione europea.
Analogo atteggiamento, Juncker lo ha riservato alla Francia. In nome della flessibilità, Parigi, spalleggiata da Roma, si era battuta per avere il dicastero degli Affari economici: quello che deve valutare lo stato di salute delle finanze pubbliche dei singoli paesi. E lo ha ottenuto con Pierre Moscovici, ex ministro delle Finanze. Ma è stata una Vittoria di Pirro. Moscovici avrà «sopra» (da un punto di vista gerarchico) un vice-presidente nella persona di Jyrki Katainen. Attuale commissario agli Affari economici (in sostituzione di Ollie Rehn), Katainen dovrà coordinare nella Commissione Juncker le iniziative a favore di crescita ed occupazione. Per inciso, Katainen è considerato un «falco» filo tedesco, contrario ad ogni intervento che possa introdurre principi di una maggiore flessibilità di bilancio a favore della crescita. Non a caso, lo stesso Juncker - prevedendo scintille tra il finlandese e Moscovici - ha già precisato che in caso di diverse opinioni, chi deciderà sarà il presidente. Cioè, lui. Un popolare europeo.
E proprio i popolari si aggiudicano i dicasteri «di spesa». Ai polacchi, per esempio, con Elzbieta Bienkowska, va l'Industria; agli irlandesi, con Phil Hogan, l'Agricoltura; ai belgi, con Marianne Thyssen, il Lavoro. I liberali conquistano tre dicasteri «di peso». Con la danese Margrete Vestager, la Concorrenza; con la ceca Vera Jourova, la Giustizia; con la svedese Cecilia Malmstroem, il Commercio.
Ma il capolavoro, Juncker lo ha compiuto con gli inglesi. Benchè non lo abbiano votato quale presidente della Commissione, i britannici hanno incassato l'unico dicastero che realmente interessava loro. Vale a dire, quello della dei Servizi finanziari (la City) con Jonathan Hill.
Per dare un'idea, poi, dell'attenzione di Juncker ai problemi dell'immigrazione ha destinato quel dicastero al popolare greco Dimitris Avramopoulos, attuale ministro della Difesa di Atene: paese che non ha proprio un atteggiamento benevolo nei confronti degli immigrati.
Mentre la poltrona degli Aiuti umanitari (tema prossimo all'immigrazione) al popolare cipriota Christos Stylianides. I tedeschi - formalmente - hanno un ruolo di secondo piano con il popolare Gunther Oettinger che trasloca dall'Energia all'Economia digitale. Ma con il ruolo di fare da watch-dog della Merkel durante le riunioni.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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