Guerra in Ucraina

Kiev vuole bombe a grappolo, gli Usa (per ora) dicono no. E lo Zar: "Non ci fermeremo"

Washington punta ancora a evitare un'escalation. Le lacrime del Pontefice. Postazioni di lancio russe dentro Zaporizhzhia

Kiev vuole bombe a grappolo, gli Usa (per ora) dicono no. E lo Zar: "Non ci fermeremo"

Il conflitto va avanti e sembra che un'ipotetica fine sia sempre più lontana. I russi non vincono e anzi perdono terreno sul campo. Di contro gli ucraini fanno progressi ma il Paese è dilaniato da mesi di bombardamenti violentissimi e i civili sono allo stremo. Due elementi soltanto possono portare a una svolta: dialogo o armi. E al momento, il tema centrale resta quello delle armi. A nulla paiono servire gli appelli internazionali. A poco sembra servire anche l'opera di Papa Francesco che sta cercando in tutti i modi di favorire il dialogo e ieri in Vaticano si è anche commosso invocando la pace in Ucraina. Ma niente. Il tema chiave resta quello degli armamenti.

L'ultimo capitolo lo racconta la Cnn secondo cui le autorità ucraine avrebbero esplicitamente richiesto agli Stati Uniti di accedere alle scorte americane di bombe a grappolo, peraltro vietate in oltre 100 Paesi del mondo ma che la Russia starebbe continuando a utilizzare con effetti che sono sotto gli occhi di tutti. La richiesta di Kiev è stata definita «una delle più controverse» e gli Stati Uniti non l'avrebbero ancora respinta in via definitiva. Anche se prendono tempo, nicchiano e il «no» è quasi scontato. Le parole dei vertici militari e politici di Washington infatti non sembrano lasciare molto spazio ai dubbi. Sia il segretario di Stato Blinken che quello della Difesa Kirby hanno infatti tracciato una linea che non intendono far superare alle forze armate di Kiev: difendersi sì, e con ogni mezzo; attaccare la Russia sul proprio territorio, assolutamente no. Chiaro l'intento di evitare per quanto possibile conseguenze ancora peggiori da questa guerra, anche considerando le minacce che arrivano dal Cremlino con Putin che anche ieri ha confermato come «le forze russe continueranno a colpire le infrastrutture in Ucraina», inventandosi poi che siano stati gli Ucraini a cominciare, fingendo di dimenticare chi abbia dato il via alla guerra. In questo senso si spiegano le prese di distanze dai blitz ucraini, con le forze di Kiev hanno lavorato con profitto alla modifica dei droni in dotazione per avere la possibilità di colpire la Russia ben oltre i confini. Mentre i missili forniti dagli Usa sono stati modificati prima dell'invio proprio per evitare lanci a lungo raggio. E l'Europa? L'Alto rappresentante Ue per la Politica estera Josep Borrell ha lanciato un grido d'allarme: «Il sostegno all'Ucraina ha evidenziato che le nostre scorte militari sono vulnerabili e inadeguate».

Cosa succederà su un tema così importante è da vedere. Escalation o spinta, paradossalmente, verso le trattative. Fatto sta che le bombe non si fermano. Ieri presa di mira la base aerea di Berdiansk, occupata dai russi, nella regione ucraina di Zaporizhzhia. A Malotaranivka, nel Kramatorsk, i russi hanno colpito con tre razzi una scuola utilizzata dai civili come rifugio. «Un altro crimine di guerra», denunciano gli ucraini. Mentre il portavoce del Cremlino Peskov gonfia il petto e annuncia che i territori annessi con i referendum farsa resteranno ai russi, è allarme in Crimea. Mosca teme attacchi da parte delle forze ucraine per liberare un territorio chiave, sia politicamente che simbolicamente. Un po' come la centrale nucleare di Zaporizhzhia, la più importante d'Europa e sempre al centro di attacchi che creano inevitabili paure. Mosca accusa bombardamenti ucraini, Kiev denuncia che i russi starebbero trasformando la centrale in una base militare avanzata. Intanto l'ultimo report dell'Onu conferma quanto di peggiore stia accadendo nelle città ucraine al passaggio delle milizie russe: crimini di guerra, uccisioni sommarie e omicidi ingiustificati.

Nulla che possa far pensare a concrete ipotesi di dialogo.

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