Luigi Capasso era idoneo al servizio. Almeno sulla carta. Il carabiniere che mercoledì all'alba a Cistena di Latina ha ferito con la pistola d'ordinanza la moglie e ha ucciso le due figlie, prima di rivolgere l'arma contro se stesso, era stato visitato da due psicologi, ma nessuno aveva capito la gravità del suo stato mentale. Un baratro, nel quale ha trascinato la famiglia.
A due giorni dalla tragedia, si cerca un perché e ci si chiede se si poteva fare qualcosa per strappare Martina e Alessia, 8 e 13 anni, al loro triste destino. Le pallottole che hanno colpito mortalmente la piccola alla schiena e la grande all'addome, portandole via, hanno ferito tutti. Antonietta Gargiulo, 39 anni, da mesi viveva nel terrore e lottava per difendere le figlie dalla rabbia del marito, che non accettava quella separazione imminente, da discutere il 29 marzo con procedimento giudiziale in Tribunale. Ora è ricoverata in prognosi riservata al San Camillo di Roma, dove è stata sottoposta a intervento maxillofacciale di riduzione della frattura al lato sinistro della mandibola. Non ha ancora ripreso conoscenza e non sa che le figlie no ci sono più. Di Luigi Capasso, 44 anni, invece, si scopre sempre di più. Aveva avuto modo di parlare di quello che stava affrontando con due psicologi. Da uno sarebbe andato volontariamente, per intraprendere un percorso di sostegno alla genitorialità. Alessia e Martina da qualche tempo, infatti, lo vedevano con occhi diversi. Non era più quel papà che le accompagnava a scuola e le portava a comprare le patatine al bar sotto casa. Ma era il bruto, che urlava contro la mamma, arrivando a schiaffeggiarla sotto i loro occhi. E a nulla era valsa la terapia di coppia consigliata dal parroco don Livio. Il 3 settembre il carabiniere aveva aggredito la moglie di fronte ai colleghi, fuori dalla Findus dove lei lavorava come operaia, in un raptus di gelosia scatenato da un sms. Poi ancora a casa, davanti alle bambine. Lei non aveva sporto denuncia temendo potesse perdere il lavoro.
In passato, infatti, l'appuntato era stato coinvolto in una vicenda giudiziaria per una truffa alle assicurazioni, quando era in servizio a Cisterna. Poi era stato trasferito ad Aprilia, prima di essere sospeso. Reintegrato, era stato mandato a Velletri. Dopo quell'aggressione Antonietta aveva deciso di separarsi mandandolo fuori di casa e aveva presentato due esposti: a settembre e a gennaio. Ma questi non hanno fanno scattare alcun provvedimento di allontanamento per stalking. «Anche lei era stata ascoltata dal commissariato di Cisterna dopo un esposto presentato dal coniuge - spiega l'avvocato Maria Concetta Belli - Quel giorno aveva raccontato di liti anche davanti alle figlie. Aveva paura e aveva usato ogni precauzione per non incontrarlo, ma non è bastato».
Capasso, dopo aver lasciato l'abitazione familiare, aveva ottenuto alloggio in caserma a Velletri. L'Arma, come da prassi, gli aveva offerto un sostegno psicologico per superare la separazione, ma lui aveva rifiutato dicendo di avere già uno psicologo. Nessuno ha ritenuto non fosse idoneo a svolgere la sua professione e a possedere un'arma d'ordinanza. Inoltre l'uomo il 30 gennaio aveva superato un test psicologico di idoneità professionale: una prova di routine effettuata da una commissione specifica nei casi in cui i militari attraversano un momento di crisi. In quell'occasione aveva ammesso i suoi errori, dicendo di voler tornare con le bimbe. Il comando generale, ieri, ha chiarito di non aver mai avuto notizia in merito agli esposti che la Gargiulo depositò contro il marito e di aver già trasmesso una relazione sulla vicenda alla procura di Latina. «È tutto drammaticamente inaccettabile - commenta il ministro dell'Interno, Marco Minniti - Io potrei cavarmela dicendo che non c'è stata la denuncia, non voglio nascondermi dietro le formalità. Quello che è accaduto è inaccettabile, troppe sottovalutazioni».
A Cisterna ieri si è svolta una veglia di preghiera e domenica si terrà una fiaccolata. Il funerale, invece, ci sarà domani e il Comune ha dichiarato il lutto cittadino. Sui banchi di Alessia e Martina, nella scuola Antonio Bellardini, i compagni hanno poggiato rose bianche e rosse. Per la più piccola anche un pupazzetto giallo donato da un amichetto. Alla preside, Patrizia Pochesci i bimbi delle elementari hanno chiesto: «Ma Martina sta sopra o sotto le nuvole?».
In classe di Alessia, invece, tra i più grandi c'è rabbia e senso di impotenza. Affidano le parole a una foto che hanno chiesto di affiggere fuori la porta dell'aula: c'è Alessia, felice, che sorride con loro in gita alla mostra di Leonardo.
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