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Il killer di "nonna Carla" è il giovane bulgaro che lei aveva accolto

Ha 21 anni e ha ammazzato l'anziana per pochi euro. Poi è andato in discoteca

Il killer di "nonna Carla" è il giovane bulgaro che lei aveva accolto

Milano - Un movente banale, quello che ci si aspettava: il denaro. Centocinquanta euro e un pugno di gioie il bottino. Poi la fuga, brevissima e inutile, conclusasi dopo una nottata in discoteca a stordirsi di alcool. E infine i conti con la realtà, giunti inesorabili la mattina successiva, domenica. Quando alla cascina bio «Podere Ronchetto» di via Pescara, ai margini del quartiere Gratosoglio (periferia sud di Milano), tra il troppo sangue e un disordine inquietante, è stato scoperto il cadavere della povera Carla Quattri Bossi, 90 anni. Così le troppe ingenuità commesse dal 21enne bulgaro Dobrev Damian Borisov nel compiere l'omicidio e nei momenti immediatamente successivi si sono scontrate con indagini rapidissime e puntuali, che hanno fatto la differenza.

Lo ripetono più volte il dirigente della squadra mobile di Milano Marco Calì e la sua vice, Rita Fabretti, che è anche a capo della sezione omicidi: «Alla cascina bio di via Pescara il ragazzo, arrivato lì due anni fa nell'ambito di un progetto d'integrazione del Comune di Milano per giovani in difficoltà, era stato come adottato dai quattro fratelli Bossi».

Il giovane bulgaro ha «ripagato» la fiducia di questa famiglia - che oltre a vitto e alloggio gli corrispondeva anche una piccola somma - uccidendo la madre quando l'anziana, sabato sera, gli ha rifiutato il denaro che lui le chiedeva. Proprio quel diniego, come ha raccontato tra le lacrime domenica notte durante la sua confessione il giovane alla polizia e al pm Gianluca Prisco, è costato la vita alla povera signora Carla. Dinnanzi al «no» della donna Dobrev ha afferrato infatti un vasetto temperato per la marmellata che lei teneva su un mobile e glielo ha fracassato in testa, colpendola più volte e sfondandole il cranio. Quindi ha perso la testa. E prima di fuggire dal podere per comprare alcolici e trascorrere la notte in discoteca, ha messo a soqquadro l'abitazione per arraffare tutto ciò che poteva avere un po' di valore (preziosi e denaro), ha trascinato il cadavere per l'appartamento, ha avvolto la testa sanguinante della morta in uno strofinaccio e le ha legato i polsi con un pezzo di stoffa. «Gesti che il bulgaro, fermato per omicidio volontario, non ha ancora spiegato e che potrebbero non avere un senso, ma costituire semplicemente una reazione emozionale dinnanzi all'enormità dell'omicidio appena compiuto» sostengono gli investigatori.

Tutto questo, come abbiamo accennato, allo scopo d'impossessarsi di appena 150 euro in contanti e di pochi gioielli, tra cui la fede nuziale della 90enne. E nascondere poi i preziosi in uno zainetto rinvenuto fin troppo facilmente dagli investigatori nell'armadio della stanza di Dobrev. Senza contare che a due passi da lì, nei locali comuni riservati al giovane bulgaro e ad altri tre immigrati che lavoravano al podere - un filippino, aiutante «storico» della famiglia, un nigeriano e un giovane del Gabon - la polizia al suo arrivo ha trovato la lavatrice in funzione, con dentro gli abiti sporchi indossati dal ragazzo durante il delitto e lì accanto i suoi scarponi appena lavati, ma la cui suola era rimasta impressa nel sangue sul pavimento dell'appartamento dell'anziana, traccia subito scrupolosamente repertata dalla Scientifica.

Il resto lo hanno fatto i riscontri temporali emersi dalle dichiarazioni degli altri tre lavoratori stranieri.

Che, insieme al bottino e alle tracce, hanno fatto crollare il bulgaro spingendolo a confessare il delitto solo poco più di 24 ore dopo averlo commesso. «Non volevo, l'ho uccisa in uno scatto di rabbia» ha giurato Dobrev alla polizia, mentre la famiglia Bossi si trincera dietro il dolore e lo sconcerto.

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