Politica estera

Kissinger in Cina. "Non possiamo trattarci solo da avversari"

A cent'anni suonati, Henry Kissinger stupisce il mondo e vola a Pechino per incontrare il ministro degli Esteri cinese

Kissinger in Cina. "Non possiamo trattarci solo da avversari"

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A cent'anni suonati, Henry Kissinger stupisce il mondo e vola a Pechino per incontrare il ministro degli Esteri cinese. L'uomo che oltre mezzo secolo fa, con una missione segreta in Cina, preparò la successiva visita del presidente Nixon a Mao Zedong nel 1972 che segnò una svolta nella Storia del Novecento, è considerato a Pechino «un buon amico». Nel linguaggio stereotipato del partito comunista cinese, la definizione di amicizia è riservata a coloro con cui si intrattiene una relazione strategica. E Kissinger, protagonista del disgelo tra l'Aquila e il Dragone, è tuttora fra costoro e negli scorsi decenni è stato spesso invitato in Cina, l'ultima volta quattro anni fa.

L'ex segretario di Stato americano vola altissimo, e la sua Realpolitik pur molto apprezzata a Pechino - mantiene perfetta indipendenza di pensiero. Ieri, ospite di riguardo di Li Shangfu, Kissinger ha dedicato la sua missione a un tentativo di ricucitura delle relazioni tra le due superpotenze di questo XXI secolo, scese a un livello bassissimo per la crisi di Taiwan. Parole d'ordine: evitare il confronto, eliminare le incomprensioni e coesistere pacificamente per non andare incontro a conseguenze catastrofiche. Kissinger non ha aggirato il tema più delicato: «Non possiamo trattarci da avversari. Se i due Paesi entrano in guerra - ha detto - non ci saranno risultati significativi per i nostri popoli. Dobbiamo invertire l'attuale difficile trend e in particolare rafforzare la comunicazione sul piano militare».

Il dialogo tra generali è sospeso per iniziativa cinese dall'agosto dell'anno scorso, quando l'allora speaker della Camera Usa Nancy Pelosi fece una breve ma storica visita a Taipei. Kissinger è parso criticare l'esponente democratica quando ieri ha detto «è necessario comprendere e gestire bene le relazioni Stati Uniti-Cina». E i cinesi hanno in qualche modo raccolto, chiedendo all'amministrazione Biden di «esercitare con noi un sano giudizio strategico».

Inviando di fatto l'uomo del disgelo con Mao, Biden ha spedito un segnale di buona volontà, ma la partita che ha in palio l'egemonia mondiale è lunga e complessa e a Taiwan al momento nessuno intende rinunciare.

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