Milano «Mai con quelli là, vogliono sfruttare il Nord». Quelli là sono i 5 Stelle e l'insuperabile veto all'alleanza coi grillini l'ha pronunciato un militante leghista citato in un reportage di Repubblica da Verdello, cittadina della Bassa bergamasca che ha regalato consensi record al Carroccio. Quel Mai con quelli là è una bandiera per Gianni Fava, l'assessore regionale ormai uscente che in nome dell'antico ideale autonomista un anno fa ha sfidato il «sovranista» Matteo Salvini alle primarie. «Siamo tutti Verdello» ha scherzato Fava due giorni fa. Dopo tre legislature politiche e una regionale, l'assessore non è stato ricandidato ma non ha dato l'addio alla politica. Certo il testa a testa con Salvini lo ha perso, ma con un certo onore. E a Milano si è tolto qualche soddisfazione, col sostegno di federalisti e filobossiani. Niente male, tant'è vero che quando a luglio è stata commissariata la Lega milanese guidata da Davide Boni, qualcuno ha pensato a uno strascico congressuale. Intanto Maroni aveva incaricato Fava di seguire il referendum per l'autonomia e l'assessore, guarda caso, per prima cosa aveva scelto proprio Boni a Milano. Adesso l'ex segretario milanese fa il pragmatico. «Non mi interessa con chi si fa il governo, basta che arrivi il prima possibile l'autonomia». Fava invece non si arrende. Continua a parlare di «libertà del Nord» e questione settentrionale. E quel «mai con quelli là» lo cita in un editoriale scritto per la Voce di Mantova, spiegando il «paradosso» di un'intesa fra «il partito più nordista, la Lega», e quello «più meridionalista in assoluto, i 5 Stelle». Ovviamente condivide la «bella intervista» di Roberto Maroni a «In mezz'ora». L'intervista è quella in cui Maroni ha paventato un rischio per le giunte di Lombardia e Veneto in caso di governo Lega-5 Stelle.
Le parole di quello che formalmente è ancora un governatore hanno provocato una discreta irritazione in via Bellerio. «Ormai è un corpo estraneo al partito» alza le spalle un insider leghista. In effetti bossiani e maroniani stanno parecchio coperti in questa fase di trionfo salviniano. Al Pirellone poi sta per iniziare l'era di Attilio Fontana, il nuovo stravincente governatore che sta lavorando a una giunta da sottoporre al timbro del leader leghista. Lo stesso Fontana però, va detto, non ha mai rinnegato l'amicizia per Maroni. E per Umberto Bossi. E ha rivendicato anzi un ruolo di ponte fra vecchia e nuova Lega. Non a caso nella sua prima uscita da governatore eletto, in piazza Lombardia, si è presentato proprio con Maroni e con Salvini, che ironizzando lo ha indicato come il frutto della fertile unione fra due mondi, vecchia e nuova Lega: «Guardate che bel figlio!». Sorrisi e strette di mano. Ora il clima è tornato a raffreddarsi. Maroni mette le mani avanti: «Non sarò certo io a guidare un'eventuale scissione dentro la Lega, ma è una questione di coerenza. Diventa difficile stare contemporaneamente al governo con il centrodestra nelle regioni e all'opposizione con il centrodestra a Roma». In caso di intesa coi 5 Stelle, la giunta lombarda la vede in pericolo.
E la coordinatrice regionale di Forza Italia Mariastella Gelmini pare confermare questa lettura: «È un'ipotesi alla quale non riesco a pensare - confessa - una scelta contro natura» che - avverte - «tradirebbe lunghi anni di buon governo del centrodestra» e «inevitabilmente rischierebbe di destabilizzare» il governo regionale» in quello che è il «motore dell'Italia». Intanto la formazione della giunta lombarda slitta alla settimana prossima. Prima c'è la partita sui presidenti delle due Camere.
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