Breve, una fiammata di tre ore. Ma intenso, quanto basta perché la «cara Giorgia» e «l'amico Volodymyr» si siano giurati amore totale. Si sono abbracciati davanti alle telecamere, si sono pure baciati, poi la premier, nel faccia a faccia e nei colloqui allargati alle delegazioni, ha sposato la linea di Kiev: siamo con gli ucraini che «combattono per tutti noi», pace solo se i russi si ritirano. Cosi il giorno dopo a Palazzo Chigi c'è «molta soddisfazione» per come è andato l'incontro. Oltre al «successo diplomatico», l'Italia, scelta come prima tappa del tour europeo di Zelensky, «esce rafforzata» e si propone come «pilastro Ue» agli occhi degli americani, in vista del viaggio ufficiale della Meloni a Washington, programmato per la fine di giugno. Aiuti, armi, soldi, appoggio alla richiesta di entrare nell'Unione, sostegno attivo pure alla controffensiva sul campo. Tutto, tranne la Nato: l'Ucraina domanda l'adesione piena, e in fretta, Roma ha concesso solo un'eventuale partenariato chissà quando, proprio come vogliono gli Usa. «Ne parleremo forse al prossimo vertice dell'alleanza Atlantica di Vilnius».
Europa sì, Nato no, questa dunque la posizione del governo. L'Italia spenderà i suoi buoni uffici con Bruxelles, perorerà la causa, addirittura aiuterà, come ha assicurato pure Sergio Mattarella, le istituzioni di Kiev a raggiungere gli standard richiesti dalla Ue: economia, riforme sociali, giustizia, infrastrutture. «Sono in guerra da più di un anno per tutto il continente - parole della premier - sono l'avamposto della nostra sicurezza». E siccome in qualche modo il conflitto prima o poi dovrà finire, l'Italia è pronta ad agire e, come ha spiegato Zelensky, «può ritagliarsi un ruolo centrale nella ricostruzione» post bellica. Infatti nei colloqui di sabato si è parlato delle imprese di Stato e anche dell'uso del genio civile.
Per l'ombrello atlantico invece niente da fare, almeno per ora. Il presidente ucraino ci ha provato, ha ricordato i rischi che stanno già correndo i Paesi baltici, la Polonia, la Romania, i confinanti dell'impero russo. Ma Giorgia è rimasta ancorata alla posizione americana: un'adesione totale alla Nato aumenterebbe i pericoli di un conflitto globale, potrebbe essere presa da Putin come una provocazione: meglio studiare qualche forma meno impegnativa di collaborazione esterna.
In compenso la Meloni ha assicurato che le sanzioni economiche «continueranno ad essere applicate con rigore estremo» e che le forniture di armi proseguiranno. Zelensky ha chiesto uno «sforzo ulteriore» per i sistemi anti-aereo, e non a caso ha spiegato che molte vite sono state salvate proprio neutralizzando i droni di Mosca. L'Italia farà il possibile, però al momento non sono previsti nuovi pacchetti. Detto ciò, e in attesa che si materializzi la mediazione cinese, Roma appoggia il piano della controffensiva che ha l'obbiettivo di liberare più territorio possibile e giungere a un'eventuale trattativa da posizioni di forza. «Il cessate il fuoco non basta. La pace - ha detto Giorgia - non può essere una resa o la conferma di una situazione di occupazione».
Adesso resta da vedere per quanto tempo l'opinione pubblica occidentale «reggerà». Zelensky ha paura che la gente si stanchi o abbia paura e prema sui governi perché allentino il sostegno a Kiev.
La Meloni ha raccolto questa preoccupazione. «Bisogna impegnarsi in una grande sfida comunicativa, spiegando che la crisi non si può sbloccare se i russi non arretrano. Giungere a un negoziato in condizioni di resa sarebbe rischioso per l'Europa».
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