Il Labour promette la rivoluzione su tutto tranne che sulla Brexit

Sì alle nazionalizzazioni ma niente voto contro l'uscita dall'Ue

Il Labour promette la rivoluzione su tutto tranne che sulla Brexit

Rivoluzione sì ma non sulla Brexit. Una sinistra di lotta o di governo? Il Partito laburista britannico sceglie di abbandonare la lotta dura contro la Brexit per percorrere la strada dell'attesa della fine di Theresa May nella speranza di un ritorno (rivoluzionario) al governo. Ma fa infuriare chi si aspettava dal Congresso d'autunno in corso a Liverpool che il leader Jeremy Corbyn rompesse finalmente gli indugi per abbracciare la strada di una netta opposizione all'uscita del Regno Unito dall'Unione europea.

Invece no. Un secondo eventuale referendum, che secondo un sondaggio YouGov per il Financial Times sarebbe ben accetto dall'86% della base laburista, «ci sarà solo se l'accordo finale tra Londra e Bruxelles verrà bocciato dal Parlamento e la premier si rifiuterà di convocare elezioni anticipate», dice il ministro ombra delle Finanze John McDonnell. La consultazione - insiste John McDonnell, alla vigilia dell'atteso discorso di Corbyn previsto per domani - non lascerebbe agli inglesi l'opzione di poter restare nella Ue. «Avremo un voto popolare sull'accordo e sulla possibilità che se ne possa negoziare uno migliore». Sarebbe Sì o No sull'intesa eventualmente raggiunta dall'esecutivo conservatore, ma non una riedizione del referendum del 2016, non un secondo voto sulla possibilità che la Gran Bretagna resti nella Ue. Perché - spiega il fidato McDonnell - «rispettiamo il risultato del referendum».

È una precisazione che aggiunge rabbia alla frustrazione già emersa tra le file degli speranzosi laburisti anti-Brexit dopo una nottata difficile nel partito. «Una farsa» dicono i sostenitori del «People's Vote», che chiedono un nuovo pronunciamento popolare per bocciare la Brexit. Dopo un dibattito andato avanti per cinque ore e il voto finale annunciato ieri, gli attivisti anti-Brexit sono rimasti con un pugno di mosche in mano e l'annacquata mozione di sintesi, fra le 160 anti-Brexit presentate: «Tutte le opzioni sono sul tavolo». È la linea (fumosa) di Corbyn, che ha tuttavia già confermato di preferire la strada di elezioni anticipate prima di Natale. Per poter mettere in atto la sua vera «rivoluzione», quella della nazionalizzazione di tutti i settori cruciali: acqua, ferrovie, energia e poste, oltre all'iniezione di miliardi di sterline al Servizio sanitario nazionale. A costo zero e nell'arco dei prossimi quindici anni, dice il candidato Cancelliere McDonnell.

«Al costo di 176 miliardi di sterline, il 10% del debito pubblico» contesta il Centre for Policy Studies, think tank conservatore. La palla è in mano ai Tory. Giù dalla torre Theresa May, col rischio di mettere il Paese in mano al rivoluzionario Corbyn? Oppure intesa con l'Ue e addio al sogno laburista?

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