L'accento posto sulla fede non come scorciatoia ma incontro con la ragione

La prima omelia del Pontefice attacca il luogo comune per cui «essere cristiani è ritenuto per persone deboli e poco intelligenti». E chiama in causa il profondo

L'accento posto sulla fede non come scorciatoia ma incontro con la ragione
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Non c'è niente di più assurdo di una risposta a una domanda che non si pone. Chissà se l'uomo di oggi si cimenta ancora con il quesito dei quesiti. Forse la scansa, la accantona, la butta in un angolo. È tempo perso: la ragione, malata di scetticismo, ha altro da pensare. Ecco che Papa Leone irrompe sulla scena e attacca frontalmente questo luogo comune della società contemporanea. «Non sono pochi i contesti - spiega nella sua prima omelia - in cui la fede cristiana è ritenuta una cosa assurda per persone deboli e poco intelligenti». Proprio così, è il politically correct della nostra epoca.

Dio non c'è e se c'è non c'entra. È un fatto privato, e una questione per lo più sentimentale, meglio se sdolcinata o per caratteri sensibili, insomma qualcosa che ha a che fare con la nostra dimensione più sentimentale. Errore. Sbaglio dalle conseguenze incalcolabili, perché il cristianesimo nasce e si sviluppa come un fatto, un avvenimento che taglia in due la storia. E soprattutto chiama in causa la nostra ragione. La spinge, la sollecita, la interpella a cercare oltre, nel mistero, quel che si intuisce ma non si riesce ad afferrare. C'è nella storia della Chiesa una linea millenaria che va da San Tommaso d'Aquino a don Giussani, dalla Summa al Senso religioso, che batte su questo tasto e lancia una sfida, quasi una provocazione, alla civiltà seduta sui propri dubbi e le proprie angosce. «In molti ambienti - prosegue Prevost - si preferiscono altre sicurezze: la tecnologia, il denaro, il successo, il potere, il piacere». Gli idoli che vengono venerati, ma tutto questo succede proprio perché la ragione non fa fino in fondo il proprio mestiere, si ferma prima, non accetta il confronto a tutto campo, senza trascurare nulla, con la realtà.

Questo è il pensiero cristiano, che piaccia o meno, altrimenti la Chiesa si condannerebbe da sola ad essere una agenzia caritatevole, una fabbrica di buone intenzioni e belle maniere che non incidono sul nostro destino. Il Papa, inutile girarci intorno, illumina con forza questo punto infiammato e insuperabile. Altro che stucchevoli discussioni e dispute sul diaconato femminile, sull'aborto o il fine vita. Si tratta naturalmente di problematiche delicatissime, ma la morale viene dopo. Fede e ragione non sono nemiche, no: vanno a braccetto e una aiuta l'altra. I comportamenti virtuosi verranno dopo, se verranno, come frutto di un incontro col mistero che ti sorprende dentro la storia. È lo stesso tema che Bergoglio poneva nell'introduzione al Senso religioso di don Giussani.

Attenzione: nella sua prima predica, Leone va anche oltre: «Non mancano poi i contesti in cui Gesù, pur apprezzato come uomo, è ridotto solamente a una specie di leader carismatico o di superuomo». È il Gesù che va di moda, tutto sommato innocuo e per niente fastidioso. Un personaggio che magari ci ispira qualche nobile riflessione, ma niente di più, certo non mette a repentaglio le nostre comode certezze. E magari fa il paio con la dilagante curiosità religiosa di queste settimane: tutti a parlare, anzi a pontificare, su conclave, cardinali e cardinali elettori, come fosse un grande reality in cui impazza, anzi impazzava fino all'altro ieri, il totopapa.

Va tutto bene, per carità. Ma Leone, mentre schiere di esperti si interrogano sul suo essere progressista o conservatore, ci ammonisce e ci indirizza altrove: questa visione del Cristo in formato leader o superuomo, è presente non solo «fra i non credenti, ma anche tra molti battezzati che finiscono così col vivere in un ateismo di fatto». Siamo al paradosso dei praticanti non credenti. Gesù c'è, magari pure nel Crocefisso in cucina o in salotto, ma non scuote la nostra coscienza, non viene cercato dalla nostra intelligenza, non diventa infine un amico, ma al massimo un ospite occasionale e irrilevante. Ecco, può essere irrilevante ciò che è decisivo? Dopo tanti, forse troppi dibattiti su Francesco e la sua eredità, oggi Leone ci costringe a uscire dagli stereotipi: Gesù è venuto e continua a venire, ma molti anche fra i cattolici lo tengono fuori dalla porta.

E chi lo prende sul serio viene deriso. La prima lezione di Prevost va in senso contrario: la fede non è una scorciatoia per mistici o isterici, ma il punto d'arrivo della ragione. E della domanda più importante che ciascuno di noi porta nel cuore.

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