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L'allarme del centrodestra: il ritorno in aula sarà un caos

L'opposizione non si fida. Fi: usare bene il Recovery fund. Salvini: le scuole non possono diventare lager

L'allarme del centrodestra: il ritorno in aula sarà un caos

Roma. L'attenzione verso il percorso di formazione delle giovani generazioni è da sempre uno dei temi fondanti del Meeting di Rimini. Così nell'estate del «caos scuola» interrogarsi sulla ripartenza della didattica diventa inevitabile.

L'obiettivo è «far ripartire le scuole il 14 settembre con il massimo livello di sicurezza: sono convinto che tutto sommato riusciremo a conseguirlo» annuncia il commissario Domenico Arcuri. Un ottimismo che certo non convince il centrodestra. «La scuola inizierà nel peggiore dei modi, senza certezze per le famiglie», sostiene Mariastella Gelmini. «Una responsabilità del ministro Azzolina e di tutto il governo perché non ci sono certezze sugli orari, i banchi arriveranno in ritardo, i concorsi sono stati banditi a ottobre quindi non si garantisce la continuità didattica. Il distanziamento è fallito perché ha prevalso l'ideologia: non c'è stata quella collaborazione con le scuole paritarie che poteva garantire nuovi spazi per effettuare il distanziamento». Il capogruppo azzurro lancia poi una proposta che punta a un utilizzo mirato dei fondi europei. «Oggi sono meno di 100 i milioni che investiamo negli Istituti tecnici superiori e sono circa 30mila i ragazzi che accedono a questo tipo di formazione, noi dobbiamo avere l'ambizione di decuplicare le iscrizioni agli Its. Dove troviamo le risorse? Il Parlamento ha una grande opportunità: il Recovery fund. Ci sia una discussione alla Camera e al Senato su come investire quelle risorse per colmare il gap digitale, per l'edilizia scolastica, per la formazione e per rilanciare gli Its, che possono davvero fare la differenza per il futuro».

Dentro Forza Italia sul tema scuola prende posizione anche Anna Maria Bernini che lancia l'allarme presidi. «Con la totale incertezza sui protocolli sanitari, è chiaro che si apre la strada alla massima discrezionalità da parte della magistratura, e i dirigenti scolastici hanno più di un motivo per essere preoccupati. Ritrovarsi indagati sarebbe la beffa dopo il danno». Duro anche Marco Marin. «Il governo giallorosso non ha trovato meglio da fare che scaricare le proprie responsabilità su dirigenti scolastici ed enti locali. La riapertura delle scuole assume in modo sempre più chiaro i contorni del fallimento».

Dal Meeting Fabio Rampelli si schiera per il pluralismo formativo. Partendo da un presupposto: «La scuola pubblica paritaria, in questa fase, funziona meglio della pubblica statale. Lo dico da sostenitore acceso della scuola statale. Forse una sana competizione potrebbe rappresentare un giusto stimolo per la pubblica statale, in modo che possa riassumere centralità».

Giancarlo Giorgetti, invece, si dice «terrorizzato dall'esperimento del distanziamento sociale applicato alla scuola. Questa cosa è drammatica, perché i nessi causali sono fondamentali, tra studenti e studenti e tra studenti e professori. Sono terrorizzato dalla scuola di Internet, dà la spinta decisiva alla completa atomizzazione dell'individuo e della persona. Solo parlando in presenza si colgono certe sfumature e certe sensibilità, altrimenti si perdono inesorabilmente. Non voglio fare un manifesto contro il distanziamento sociale, ma a livello educativo se non c'è relazione non ci può neppure essere educazione». Un concetto espresso in maniera più dura da Matteo Salvini. «In tutta Europa la scuola riparte in sicurezza. I bimbi hanno bisogno dei sorrisi della maestra e dei compagni di classe. Se impongono mascherine e plexiglas, mia figlia a scuola non ce la mando perché la scuola non è un lager.

Sicurezza, ma senza essere chiusi come pacchi postali».

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