Un'amara nemesi per il presidente della Camera Laura Boldrini e per Martin Schulz: contestati dal loro stesso pubblico di riferimento, quello dei centri sociali. Un anno fa, dopo la strage di Lampedusa in cui persero la vita 366 migranti in fuga dall'atroce regime eritreo, erano entrambi in prima fila a gridare «mai più». Dopo aver benedetto la missione Mare Nostrum, forse non si aspettavano di essere accolti a Lampedusa da una contestazione che ha rovinato loro la passerella. Il fatto è che quel «mai più» è una delle promesse politiche meno rispettate della storia: nel 2014, cioè da quando è partita la missione navale decisa dal governo Letta e riconfermata da Renzi, sono state raccolte in mare migliaia di persone, ma si è anche raggiunto un record di vittime nel Mediterraneo. I numeri ci avvisano di una spaventosa progressione di morte. L'ulteriore nemesi è che a fornirli è l'Unhcr, cioè l'organismo Onu di cui Laura Boldrini era portavoce quando strigliava le istituzioni (prima di entrare a farne parte): 1.900 morti da gennaio a giugno prima dell'estate, 2.200 in soli tre mesi durante l'estate.
Dopo la tragedia del 3 ottobre 2013 la preghiera del Papa a Lampedusa scosse le coscienze e mise alle strette il governo Letta: un esecutivo progressista, con forti componenti cattoliche, doveva salvare la faccia di fronte allo schiaffo del Pontefice. E così partorì la missione Mare Nostrum, incurante degli avvisi di quanti, anche tra i servizi di sicurezza, fecero presente che, visto il caos che regna in Libia dopo il disastroso intervento armato voluto da Francia e Stati Uniti, una flotta che andava a recuperare i profughi fin nelle acque libiche avrebbe spinto a moltiplicare le partenze di barconi. Un regalo ai trafficanti d'uomini, più che ai rifugiati. E infatti da allora la tratta è mutata geneticamente. Nonserve più studiare il meteo e si salpa su improbabili gusci di noce destinati ad affondare, tanto basta allontanarsi dalla costa e fare una chiamata alla nostra Marina. Mare Nostrum si è sostanzialmente strutturato come un servizio traghetti caritatevole. Che finisse in un bagno di sangue era inevitabile.
È il prodotto di un modo perverso di intendere la politica: i gesti caritatevoli li fanno i benefattori o le chiese. I governi fanno politiche, cercano soluzioni. Non che sia semplice davanti a questo fenomeno imponente. Ma una politica è un'altra cosa: significa valutare le risorse a disposizione, decidere in modo chiaro qual è il fine che si persegue. Una politica non tende la mano, stabilisce regole e diritti. Ma non è un caso che i nostri leader preferiscano i gesti buonisti: dov'è c'è un diritto, si può farlo valere anche contro un governo, un favore si concede a discrezione di chi lo elargisce.
Così spendiamo due milioni al giorno per l'accoglienza e 12 al mese per la missione navale (totale quasi 900 milioni l'anno), ma non si decide se e quanti profughi siamo disposti ad accogliere. Anzi invochiamo l'intervento dell'Europa, lo fa perfino Martin Schulz, come fosse un'entità astratta e non un'istituzione ai cui vertici lui stesso siede, da presidente del Parlamento europeo. Peschiamo profughi in mare e pazienza se poi li ospitiamo in container, lasciamo che bambini soli dormano alla stazione di Milano o a decine svaniscano nel nulla.
Così a Lampedusa il ricordo della strage si trasforma in una festa dell'ipocrisia.
Con ciliegina finale: la richiesta del capogruppo socialista a Strasburgo Gianni Pittella di istituire il 3 ottobre la Giornata dei migranti. Solito efficace sistema per potersi dimenticare la questione il resto dell'anno.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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