Magistratura

L'Anm alla guerra preventiva: la misura è incostituzionale

L'Associazione magistrati contro l'inappellabilità delle assoluzioni per i pm: "Un danno alla pubblica accusa"

L'Anm alla guerra preventiva: la misura è incostituzionale

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Non si era mai visto un leader dell'Anm smentito da un esponente di Magistratura democratica. A fare una figuraccia è Giuseppe Santalucia, che ieri ha vagheggiato una potenziale incostituzionalità della misura che prevede l'inappellabilità, da parte del pm in caso di assoluzione in primo grado: «Si comprime il potere del pm e non si interviene sull'altro versante», la sua opinione a Radioanch'io. Un'ipotesi smentita poche ore prima in un'intervista alla Stampa da Nello Rossi: «Sono favorevole all'inappellabilità», ha detto il mentore della corrente più militante delle toghe, secondo cui evidentemente i distinguo della Corte costituzionale sulla «generalità» della misura firmata da Gaetano Pecorella sembrano superati.

«La riforma introduce poche, ma non buone modifiche», sibila allora in serata il leader Anm al Tg1, aggiungendo che «non c'è ragione di eliminare l'abuso di ufficio, così si crea un vuoto di tutela». A questa e alle altre prese di distanza dei magistrati che hanno criticato l'abolizione dell'articolo 323 del codice - come il coraggioso pm antimafia Nicola Gratteri - ha risposto invece lo stesso Guardasigilli Carlo Nordio, secondo cui il reato era «evanescente e carico di danni»: «Mi stupisco che un magistrato parli di reato spia. Vorrei insegnargli che un reato c'è o non c'è, non si può cercare a strascico». «Ma è l'abuso d'ufficio che fa emergere fenomeni di malaffare, se non di vera e propria corruzione nella pubblica amministrazione», insiste il Pg di Perugia Sergio Sottani.

L'invasione di campo delle toghe fa nuovamente saltare la mosca al naso del Guardasigilli: «È patologico e inammissibile che la politica ceda alle pressioni della magistratura». «Il catastrofismo di certi magistrati non ci interessa, il Parlamento ha il dovere di decidere, senza veti», sottolinea il viceministro alla Giustizia Francesco Paolo Sisto. «Non è interferenza partecipare al dibattito pubblico, non comprendo questi timori. Fornire degli elementi tecnici di valutazione è un nostro dovere istituzionale», è la controreplica del segretario Anm Salvatore Casciaro.

Sembra caduto nel vuoto l'appello lanciato dal vicepresidente del Csm Fabio Pinelli, che in occasione della cerimonia di insediamento dei nuovi magistrati al Quirinale ha invitato le toghe a coltivare la cultura del dubbio: «Abbiate il coraggio di rimanere liberi, non protesi all'ideologia». Il numero due di Palazzo de' Marescialli chiede alle toghe - vecchie e nuove - la capacità di «riconoscere gli errori, evitare personalismi e pericolose percezioni di autorità morali».

Chi sperava in una stretta maggiore sulle intercettazioni sono i penalisti, felici per l'abrogazione dell'abuso d'ufficio, la «maggiore tipizzazione del traffico di influenze» e soprattutto l'introduzione del divieto di impugnazione delle sentenze di assoluzione. Per l'Unione delle Camere penali, al di là della pubblicazione dei brogliacci, resta irrisolto il tema rispetto alle sanzioni «irrisorie e dunque di fatto inesistenti. Del tutto eluse questioni come l'abuso dello strumento, ancor di più le conversazioni tra assistito e difensore».

E ai cronisti che lamentano la stretta sull'informazione risponde invece il deputato di Azione Enrico Costa, che twitta: «Chi protesta per il bavaglio di Nordio si è imbavagliato per l'assoluzione del generale Tullio Del Sette nel caso Consip».

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