Politica

L'ansia di peones e veterani: così si torna alle urne

I discorsi in Transatlantico ruotano attorno a un solo interrogativo: il governo reggerà?

L'ansia che unisce peones e veterani: una mossa sbagliata e si torna alle urne

Nel secondo giorno delle votazioni per eleggere il futuro capo dello Stato l'adrenalina dell'esordio cede il passo alla paura. Il «sentiment» che schiaccia il «gran ballo» del Transatlantico è l'ansia. È uno stato d'animo che accomuna peones e veterani. Le barriere tra «novellini» e «volpi» saltano. I sorrisi spavaldi di Matteo Renzi, che dal cortile di Montecitorio, si autoproclama top player della Champions della politica, camuffano i rischi di una partita che può riservare il colpaccio inaspettato.

Tra uno scatto e l'altro, tra un caffè e un tramezzino, nei corridoi del Transatlantico si ritorna sempre allo stesso punto: la mossa sbagliata apre scenari imprevedibili. Il più temuto è lo scivolamento verso le elezioni anticipate. Tra i drappelli di parlamentari si azzardano ipotesi e timori. Di buon mattino, due big del Movimento, il capogruppo alla Camera Davide Crippa e Michele Gubitosa, braccio destro di Conte, parlano su un divanetto. Nel M5s rappresentano due fronti opposti: uno (Crippa) è dimaiano, l'altro (Gubitosa) è un fedelissimo di Conte. I due si interrogano sull'ipotesi Casini: l'ex presidente della Camera, con il premier Mario Draghi, Marcello Pera, Elisabetta Casellati, è tra i papabili per il Quirinale. I due grillini non hanno dubbi: «Con Casini al Colle, il governo non regge». Ecco la prova plastica della «paura»: la mossa sbagliata (elezione Casini) potrebbe far precipitare la situazione verso le elezioni anticipate e la fine del governo. Più in là, negli stessi istanti, c'è un big della Lega: Roberto Calderoli. Montecitorio è semideserto: la convocazione è alle 15. Alle 12 c'è una seduta lampo per la proclamazione di Maria Rosaria Sessa, subentrata al posto del defunto Enzo Fasano. Il senatore del Carroccio, mago dei numeri parlamentari, si ritaglia un mini-ufficio su una panchina in giardino: esamina gli incastri su una candidatura di centrodestra. Prova e riprova. Casellati? Pera? Quanti voti mancano al centrodestra per sfondare dalla quarta votazione il quorum dei 505 voti? Serve l'aiuto di Renzi. E soprattutto serve una pattuglia di parlamentari tra Pd e 5stelle. Calderoli annota tutto su block notes. Il rischio del passo falso c'è. Mezzo secolo di attività parlamentare azzerato: tra Calderoli e i «novellini» Crippa e Gubitosa lo stato d'animo è identico. Mentre sono in corso le votazioni, termina il vertice di centrodestra. I nomi sul tavolo sono tre: Marcello Pera, Letizia Moratti e Carlo Nordio. La carta coperta porterebbe al presidente del Senato. L'opzione Casellati si fa largo in Transatlantico. Il dem Graziano Delrio si apparta con il governatore dell'Emilia Romagna Stefano Bonaccini e sonda il terreno: al presidente del Senato potrebbero arrivare i voti dell'ala cattolica del Pd. L'ansia della prestazione non risparmia nemmeno il ministro degli Esteri Luigi di Maio, avvezzo a superare prove ben più ardue. Di Maio arriva a Montecitorio, prima dell'inizio delle votazioni, per sondare gli umori dei colleghi grillini.

Tra i più attivi in Transatlantico c'è il ministro del Lavoro Andrea Orlando. Al presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca (delegato regionale) Orlando confessa tutti i suoi dubbi sull'operazione Draghi. Dopo poco arriva anche De Luca jr e si aggiunge al gruppetto di famiglia. Il governatore campano sbrocca: «Tutte queste votazioni inutili, ho da risolvere i problemi in Campania».

Al drive in la curiosità è già finita. Niente flash: votano in 9. C'è chi prova a esorcizzare le paure aggrappandosi alla fede. Dal telefono di un parlamentare siciliano del M5s spunta la foto del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella con un'aureola: «San Sergio salvaci tu». Si invoca il miracolo.

Sarà una notte di preghiera.

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