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L'apertura di Mosca: dateci Medvedchuk. Ma Putin non molla i suoi trofei di guerra.

L'oligarca potrebbe essere la chiave per liberare i prigionieri ucraini. Però è difficile che lo Zar rinunci agli Azov, perfetti per la propaganda

L'apertura di Mosca: dateci Medvedchuk. Ma Putin non molla i suoi trofei di guerra.

I prigionieri ucraini di Azovstal a casa in cambio di quelli russi in mano a Kiev come precondizione per avviare i negoziati di pace con Mosca, dice Volodymyr Zelensky, che aggiunge un insolito (ma non inedito) «la soluzione della guerra sarà diplomatica». La Russia rilancia e «considererà la possibilità di scambiare i prigionieri di Mariupol con Viktor Medvedchuk», l'oligarca ucraino filorusso e amico personale di Vladimir Putin in mano a Kiev da oltre un mese, dice il negoziatore e capo della Commissione esteri del Parlamento di Mosca Leonid Slutsky, uno che è escluso che parli se Putin non lo autorizza. Siamo di fronte a una svolta che potrebbe portare a un'apertura negoziale? Che la novità porti a cambiamenti che vadano oltre un episodio gradito a entrambe le parti sembra improbabile.

Sono sul tavolo, più che le prospettive di un conflitto che né Mosca né Kiev sembrano voler fermare adesso, due elementi importanti per Zelensky e per Putin. Il presidente ucraino punta molto sul valore propagandistico dell'eroismo dei combattenti del Battaglione Azov, che hanno resistito per mesi in condizioni drammatiche a forze nemiche soverchianti. Ha anche rivelato venerdì scorso che per soccorrerli nell'ormai celebre acciaieria erano state invano tentate operazioni aeree costate la vita a numerosi piloti volontari. Ottenerne la liberazione da Mosca costituirebbe un importantissimo successo. Il capo del Cremlino, da parte sua, ha un rapporto personale stretto con Medvedchuk, vicino al suo numero due Dmitry Medvedev. L'oligarca, catturato durante un tentativo di fuga da Kiev il 13 aprile scorso, è una figura piuttosto ambigua in Ucraina, un ex politico filorusso che nega di esserlo e che ha cercato di porsi come un mediatore con Mosca negli anni successivi all'annessione della Crimea del 2014. Alle sue manovre ha posto fine già nel 2019 lo stesso neoeletto Zelensky, che un anno fa lo fece anche incriminare per alto tradimento, irritando moltissimo Putin. La cosa curiosa è che quando un mese fa Medvedchuk fu catturato in un blitz fu lo stesso Zelensky a proporne lo scambio con dei prigionieri ucraini, ricevendo un gelido diniego da Mosca.

Perché proprio adesso Putin annuncia disponibilità non solo ad accettare lo stesso scambio, ma addirittura cedendo quello che per lui rappresenta un trofeo di guerra, ovvero i «nazisti del Battaglione Azov»? Difficile capirlo. Ancora ieri i media russi hanno insistentemente diffuso immagini dei prigionieri denudati per mostrarne inequivocabili tatuaggi d'ispirazione hitleriana. Medvedchuk improvvisamente vale così tanto da far rinunciare Putin al grande colpo propagandistico di processare quelli che sono già stati bollati come criminali di guerra e la presunta conferma dell'intrinseca natura nazista dell'intero sistema ucraino? Forse la chiave sta in una concessione parziale: la Russia potrebbe restituire, in cambio dell'amico del presidente, solo una parte minore dei prigionieri di Mariupol, e non necessariamente quelli del Battaglione Azov. Zelensky potrebbe accontentarsi, e poi nemici come prima. Anche perché il presidente ucraino non ha legato la riconsegna dei prigionieri dell'acciaieria all'apertura di negoziati con Putin. A ben vedere ha aggiunto, invece, un ulteriore precondizione a quella, prioritaria, che rimane ferma: il ritiro completo delle truppe russe dall'Ucraina. Dunque, nessuna nuova apertura, semmai il contrario.

D'altra parte, fino a ieri, sembrava più probabile che Vladimir Putin desse le dimissioni in diretta tv dopo essersi scusato a reti unificate per una guerra folle piuttosto che dare l'ordine di scambiare i prigionieri del Battaglione Azov con chicchessia: meno che mai con comuni soldati russi, del cui destino ha dimostrato di curarsi pochissimo. Certo meno di quello di Medvedchuk, effettivamente.

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