L'analisi del G

L'appoggio all'Ucraina e i valori dell'Occidente: un oligarca non è un criminale

Dopo lo scoppio del conflitto le sanzioni sono state applicate in maniera indiscriminata: basta avere un nome russo per esserne vittima, senza processi o garanzie. Ma violare lo stato di diritto è un errore

L'appoggio all'Ucraina e i valori dell'Occidente: un oligarca non è un criminale

Quando la guerra è iniziata, nelle prime ore del 24 febbraio 2022, mentre la CIA prevedeva l'imminente caduta di Kiev e una rapida vittoria di Mosca, ho ricevuto un'e-mail da un ricco amico russo con la sua opinione: «assolutamente al di là di ogni ragionevole comprensione e preoccupazione».

In poche parole, il mio amico era totalmente in preda all'ansia anche prima di scoprire che non era più un normale essere umano potenzialmente perseguibile solo per un reato specifico: era diventato un «oligarca» e, quindi, automaticamente, un criminale complice del criminale di guerra Putin. Una situazione che era tale da consentire ormai la confisca di tutto ciò che possedeva fuori dalla Russia, che immagino sia parecchio.

È una cosa molto novecentesca: prima si crea una categoria condannata a priori; poi, senza bisogno di prove, si incasellano i propri nemici come appartenenti alla categoria stessa. Per i bolscevichi si parlava di «controrivoluzionari», definizione sufficiente per una pallottola nel periodo di Lenin o per un viaggio in treno verso il gulag sotto il dominio di Stalin. Quanto ai nazisti, avevano la loro definizione, puramente razziale, di «ebreo», che escludeva ogni possibilità di scampo attraverso la conversione, come nella persecuzione spagnola del 1492.

Poi è arrivata la definizione di «padrone» affibbiata da Mao: quando arrivarono i comunisti, anche i proprietari di appezzamenti molto piccoli persero la casa insieme alla terra, e con loro anche le scorte di cibo. Il problema della fame era quello minore perché molti ex proprietari furono semplicemente uccisi, e le mogli e le figlie più belle furono distribuite come concubine o costrette a sposare i persecutori del marito o del padre.

Molto più tardi, quando Mao scatenò la sua Rivoluzione Culturale nel 1966, ebbe bisogno di nove diverse categorie: ex proprietari terrieri, contadini «ricchi» (tre maiali erano sufficienti); controrivoluzionari, elementi asociali, destrorsi, traditori, agenti stranieri, «capitalisti da strada» e la «nona disgustosa»: gli intellettuali.

Il padre di Xi Jinping, Xi Zhongxun, già in esilio per aver inavvertitamente pubblicato la biografia di un eroe comunista segretamente odiato da Mao, aveva più di una categoria elencata sul pesante cartello appeso al collo, quando fu riportato a Pechino per essere pubblicamente umiliato. Più di 36 milioni di persone hanno sofferto o sono morte sotto una o più delle nove categorie di Mao, compresi coloro che sono stati affettati, grigliati e mangiati nella regione autonoma del Guangxi.

Per il momento nessuno ha proposto l'esecuzione pubblica degli oligarchi russi. Ma la categoria è stata qualificata in modo perentorio come irrimediabilmente criminale, e i nomi di chi ne fa parte sono stati ampiamente pubblicizzati. Oltre alle restrizioni personali, ai sequestri di beni di proprietà e alle umiliazioni, l'invasione di Putin ha scatenato confische di yacht in tutto il mondo, provocando un'ondata globale di Schadenfreude.

Il ministro delle Finanze francese Bruno LeMaire ha annunciato personalmente il sequestro preventivo dello yacht «True love» di Igor Sechin: «Ringrazio i funzionari doganali francesi che assicurano il rispetto delle sanzioni dell'Unione Europea contro coloro che sono vicini al potere in Russia». In Francia non c'è stato alcun processo che abbia provato che Sechin abbia commesso un crimine; con la scorciatoia della «categoria» di cui sopra, non ce n'è bisogno.

Le sanzioni dell'Unione Europea non sono state applicate quando il governo delle Fiji ha sequestrato il 106 metri «Amadea» di Suleyman Kerimov. Per non essere da meno, la polizia spagnola ha sequestrato il «Tango» (78 metri) perché il suo proprietario era Viktor Vekselberg, considerato vicino a Putin.

Il primo sequestro italiano è stato quello del «Lady M», lungo solo 65 metri, non molto se si considera che il suo proprietario era Alexei Mordashov, l'uomo più ricco della Russia. Ma non era il più ricco per niente: il vero yacht di Mordashov, con due piattaforme per elicotteri e una cascata, era al sicuro alle Seychelles. (Sì, la cascata è davvero un po' troppo, ma resta il fatto che nessun tribunale ha mai provato che Mordashov sia un criminale). Anche i funzionari italiani hanno sequestrato il «Lena» di Gennady Timchenko, che vale solo 8 milioni di dollari: a Portofino, se il tuo yacht vale 8 milioni di dollari, lo ancori lontano, in modo da non farti vedere, e a Monaco non ti fanno entrare neppure. In nessun dei casi citati c'è stato un processo o sono state presentate prove di illeciti.

Quando, nel 2018, il Tesoro degli Stati Uniti pubblicò la sua lista di 96 oligarchi russi, non era previsto che nulla di ciò accadesse. Il Tesoro chiarì al 100% che non stava parlando da nessun punto di vista di criminali: «la lista non dovrebbe essere usata per imporre sanzioni a livello individuale». Per poi continuare: «L'inclusione nell'elenco non rappresenta la constatazione che uno di questi individui soddisfi i criteri per essere inserito in un programma di sanzioni... nè che il governo degli Stati Uniti abbia informazioni sul coinvolgimento degli interessati in attività nocive».

Allora perché il Tesoro degli Stati Uniti ha pubblicato l'elenco? La legge «Lotta agli avversari dell'America attraverso le sanzioni» chiedeva al Segretario del Tesoro di presentare un rapporto dettagliato su «figure politiche di alto livello e oligarchi della Federazione Russa». Così il Tesoro ha pubblicato la sua lista, mescolando veri e propri «cattivi» con fortunati uomini d'affari e brillanti imprenditori. I funzionari hanno dichiarato alla stampa che le uniche condizioni per comparire nell'elenco erano quelle di avere un nome russo e di figurare nella lista di Forbes degli individui con un patrimonio netto superiore a 1 miliardo di dollari. La legge del 2017 prevedeva consultazioni con il Direttore della National Intelligence, ma i suoi numerosi sottoposti erano troppo impegnati per approfondire profili biografici. Così è stata creata la categoria, condannata in partenza, dell'«oligarca»...

Ora i funzionari dell'Unione Europea hanno iniziato a preoccuparsi dell'uso indiscriminato del termine, e suggeriscono di sostituirlo con «influente imprenditore russo». Ma questo non cambia nulla: c'è stata una colossale violazione di quella grandissima benedizione che permette ai cittadini onesti di dormire sonni tranquilli, e che alla Russia tragicamente manca: lo Stato di diritto. Definito da quattro brevi parole latine, «nulla poena sine lege» («nessuna pena senza legge»), il concetto richiede specifiche definizioni di reato e non solo l'uso di etichette, che si tratti di un oligarca o dell'«influente imprenditore russo» dell'Ue.

Chiunque non sia turbato da ciò che è accaduto alle 96 persone elencate dal Tesoro statunitense, è moralmente nella stessa barca di coloro che sono indifferenti all'aggressione della Russia contro l'Ucraina.

Tra noi e l'oppressione c'è solo lo Stato di diritto, che non può in nessun caso venire compromesso senza conseguenze nefaste.

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