Politica estera

L'assalto a Trump

Accusato di 37 reati federali per le carte riservate nascoste a Mar-a-Lago: è il primo ex presidente. Lui: "Giorno buio per gli Usa". Martedì in tribunale, rischia il bracciale elettronico.

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New York. Nuova incriminazione per Donald Trump, e questa volta ben più pesante di quella a New York per il pagamento in nero di 130 mila dollari alla pornostar Stormy Daniels in violazione delle leggi sui finanziamenti elettorali. Le accuse sono infatti in relazione ai documenti classificati che ha portato via dalla Casa Bianca al termine del suo mandato, per cui è diventato il primo ex presidente nella storia degli Stati Uniti ad essere incriminato per reati federali.

Il procuratore speciale Jack Smith ha contestato al tycoon 37 capi d'imputazione, tra cui appropriazione volontaria di informazioni appartenenti allo Stato, falsa testimonianza e cospirazione per ostacolare la giustizia. Trump è accusato di aver fornito dettagli su un «piano di attacco» del Pentagono e aver condiviso mappe segrete sull'operazione militare: fra le carte sequestrate dall'Fbi nella sua residenza di Mar-a-Lago, in Florida, c'erano anche i dettagli sulle capacità nucleari di paesi stranieri. Inoltre, l'accusa rivela che chiese al suo assistente Walt Nauta (anche lui incriminato) di nascondere all'Fbi «o distruggere» i documenti classificati richiesti. Carte che sono state trovate in una sala delle feste del resort, in un bagno e in una camera da letto.

«In questo paese abbiamo delle leggi e si applicano a tutti», ha detto Smith. «Sono un uomo innocente, non avrei mai pensato che una cosa del genere sarebbe potuta accadere a un ex presidente, che è in testa nei sondaggi per le elezioni del 2024», ha tuonato The Donald sul suo social Truth, dove è stato lui stesso ad annunciare: «Sono stato incriminato». Trump, che dovrà presentarsi martedì pomeriggio al tribunale di Miami, ha sottolineato che «è un giorno buio per l'America». «Vanno contro un presidente popolare con la bufala degli scatoloni. Questa è un'interferenza nelle elezioni a livello più alto», ha spiegato in un video in cui ha lanciato accuse pesanti e ribadito: «Vogliono distruggere la mia reputazione perché vogliono vincere le elezioni». L'ex comandante in capo ha già fatto sapere che si dichiarerà «non colpevole», ha bollato il procuratore speciale come uno «squilibrato», e precisato di aver cambiato il team legale. A metterlo in difficoltà però è un audio, la cui trascrizione è stata pubblicata dalla Cnn, nel quale ammette di essere in possesso di carte segrete. «Come presidente avrei potuto declassificarle, ma ora non posso più», ha detto ad alcuni consiglieri nel luglio 2021. L'indagine è iniziata proprio quell'anno, quando gli Archivi Nazionali hanno scoperto che non aveva consegnato tutte i file dopo aver lasciato Pennsylvania Avenue. Da lì si è arrivati al blitz dell'Fbi dello scorso agosto con il sequestro di oltre 100 documenti classificati, e ora all'incriminazione. Joe Biden si è limitato a dire che «non ha parlato» con il ministro della Giustizia di Trump e «non ha» intenzione di farlo.

Diversi esponenti del partito repubblicano, invece, hanno subito preso le difese del tycoon, a partire dallo speaker della Camera Kevin McCarthy, che ha definito l'incriminazione una «grave ingiustizia»: «È inconcepibile per un presidente incriminare un candidato che lo sfida. Biden ha tenuto documenti classificati per decenni». Anche il governatore della Florida Ron DeSantis, principale avversario di Trump alle primarie repubblicane, ha accantonato la rivalità e affermato che «usare la legge federale come un'arma rappresenta una minaccia mortale per una società libera.

Abbiamo assistito per anni a un'applicazione disomogenea della legge a seconda dell'affiliazione politica».

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