L'asse Grillo-D'Alema che guarda a Pechino e tradisce il governo

Il comico attacca G7 e Draghi, l'ex premier elogia il partito cinese. Pd e parte dei 5s irritati

L'asse Grillo-D'Alema che guarda a Pechino e tradisce il governo

Beppe Grillo, i giallorossi e la variante cinese. Tornata di moda l'unità dell'Occidente in funzione anti-Cina, vedi G7 in Cornovaglia, a Roma le simpatie di parte del M5s per Pechino potrebbero diventare un'altra trappola sul cammino della coalizione con i democrat. Ascoltando le perplessità all'interno dei Cinque Stelle, la variabile impazzita della politica estera è sostanzialmente Grillo. Dopo la discussa visita di cortesia di venerdì scorso all'ambasciata cinese in Italia, il Garante non si smentisce e pubblica sul suo Blog un intervento filocinese a firma di Andrea Zhok, docente di filosofia all'Università di Milano, già collaboratore de L'Espresso e di Micromega. L'articolo è un contraltare alla rinnovata compattezza del blocco occidentale, uscita fuori dal G7 e dalla successiva riunione della Nato. «Una parata ideologica come non se ne vedevano dalla caduta del muro di Berlino», stronca i summit lo studioso sul Blog di Grillo. Il condimento del commento è tutto a base di antiamericanismo e terzomondismo. «Il messaggio veicolato dai leader occidentali, capitanati dal mite Biden - scrive Zhok - è che ci siamo noi», l'Occidente, e poi ci sono loro, gli altri, dalla cui aggressività ci dobbiamo difendere e che minacciano i nostri valori». Sotto accusa la frase «dobbiamo difendere i nostri valori», pronunciata anche dal premier Draghi. Il post pubblicato da Grillo è un rovescio della politica filo-atlantica intrapresa con decisione dal governo. Siamo di nuovo al grillismo strampalato di qualche tempo fa. Tra «servizi a salve sui diritti degli Uiguri, missili terra-aria sulle violazioni degli hacker russi, siluri sulle origini del virus nel laboratorio di Wuhan». Come se tutte e tre le questioni fossero trascurabili, notizie diffuse dalla propaganda occidentale. Zhok infilza: «Finché erano gli Usa ad estendere il proprio potere a colpi di accordi commerciali e flussi di capitale strategici, quella era l'apoteosi del libero commercio. Quando lo fa la Cina, questo è perfido imperialismo economico». Insomma, «ad averci reso le colonie e i protettorati che siamo non sono né i russi né i cinesi».

L'atteggiamento del comico in politica estera indispettisce gli alleati, solidamente filo-atlantisti, del Pd. Ma ubriaca anche il M5s, avviato verso un complicato aggiornamento delle sue posizioni. «Quel post è una follia», taglia corto con Il Giornale una fonte pentastellata di governo. Moltissimi parlamentari del Movimento chiedono un intervento di Giuseppe Conte per chiarire la linea. La grana della Cina scoppia nei Cinque Stelle. «Grillo parla a titolo personale o per il M5s?» si chiede un parlamentare. Anche nel Pd invocano una sterzata chiarificatrice da parte di Conte. Il fattore cinese mette in crisi i rapporti tra i giallorossi, già divisi in quasi tutte le città al voto in autunno. Ma a sinistra ci si mette pure Massimo D'Alema. L'inossidabile ex premier elogia il comunismo in un'intervista all'emittente New China Tv, in occasione dei cento anni dalla fondazione del Partito comunista cinese. D'Alema sottolinea lo «straordinario salto verso la modernità e il progresso» compiuto dalla Cina, «il grande merito storico del Partito comunista cinese». L'intervista è stata rilanciata su Twitter da Hua Chunying, portavoce del ministro degli Esteri cinese.

La stessa che durante la prima ondata di Covid in Italia aveva postato un video taroccato in cui si faceva credere che gli italiani fossero scesi in strada a Roma, suonando l'inno cinese per ringraziare degli aiuti ricevuti durante l'emergenza.

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