L'autogol in tv di Giuseppi. "Draghi? Non mi serve aiuto"

Il premier in affanno dalla Gruber sbotta sul banchiere. Le illazioni sulla tosse: guai alle corde vocali, io negativo

L'autogol in tv di Giuseppi. "Draghi? Non mi serve aiuto"

I colpi di tosse e i capelli un po' cotonati, gli sguardi ansiosi ai foglietti e le risposte incespicanti: sui social e nei corridoi del Palazzo la performance tv di Giuseppe Conte viene passata ai raggi x e il verdetto è pressoché unanime: non è stato un successone d'immagine. Ai più il premier è apparso incerto, nervoso e in difficoltà, come forse mai prima d'ora.

E agli analisti più attenti non è sfuggito quello scatto di sorda irritazione quando l'intervistatrice di Otto e Mezzo, Lilli Gruber, ha con soave perfidia piazzato là una domanda inaspettata: «Ma come mai in una crisi così difficile e complessa, anche rispetto alle trattative con la Ue, lei non ha mai chiamato Mario Draghi?». La reazione del premier è quella di chi è preso in contropiede «Lo ho incontrato anche in una recente occasione, ma diciamo che non c'è stata necessità...». Quindi prova a buttarla sul sarcasmo: «Sentirlo per cosa, per chiedergli se vuole fare il presidente (sottinteso: al posto mio, ndr)?». Per poi affrettarsi a liquidare la questione: nessun bisogno dei consigli di Draghi, «mi fido del mio ministro dell'Economia e dei consulenti del governo». Una battuta quasi freudiana, quella sul «presidente Draghi», rivelatrice dei rovelli interiori di Conte e dei fantasmi che agitano i sonni di Palazzo Chigi: il clima sempre più malmostoso nella sua maggioranza, le palesi difficoltà con l'Europa, il fallimento nel fronteggiare la seconda ondata, il rovesciamento di fronte negli Stati Uniti, dove il trumpista Conte non ha entrature nell'Amministrazione Biden e viene snobbato dai vincitori. E Draghi, notoriamente, è il nome che molti sognano alla guida di un governo di unità nazionale chiamato a gestire la difficile ricostruzione di un paese in macerie. E a rendere credibile quel Recovery Plan su cui Conte ha ammesso, lunedì sera, che il governo è «un poco in ritardo» (salvo poi far circolare ieri irritate smentite, per spiegare che sono tutte malignità e fake news e che è un attimo e poi lo sforna).

E non è la sola smentita cui Palazzo Chigi ieri è stato costretto: in serata, sui telefonini dei cronisti è arrivato un messaggino intitolato «fonti della presidenza del Consiglio» per precisare che il premier non ha problemi di salute ed è risultato «negativo al Covid» giusto ieri mattina, dopo un tampone molecolare eseguito «in vista della partecipazione al vertice italo-spagnolo» di oggi. Precisazione resa necessaria dalla bufera di commenti e illazioni fioriti sui social e ripresi da tutti i siti di informazione, a causa di quella tosse insistente e della voce arrochita: «Il presidente da qualche anno ha una sofferenza alle corde vocali, che si acuisce nel periodo invernale e non di rado gli provoca tosse», spiegano dallo staff casaliniano.

Il problema di Conte, corde vocali a parte, non è quello della salute fisica, ma della salute politica del suo governo, mai così assediato dalle critiche, esterne ma anche interne.

Anche un politico di grande esperienza come l'ex leader Ppi Pierluigi Castagnetti usa una inedita severità: «Ho visto Conte in tv. Se un presidente del Consiglio non ha niente da dire o non vuole dire è comprensibile, ma allora stia a casa. Anche perché andandoci può scapparci qualche sciocchezza, anche grave», ha twittato ieri mattina.

Gli ha risposto l'ex segretario Udc Marco Follini: «Detto brutalmente: o si ha la temerarietà di dire che non è all'altezza e va cambiato, oppure mi sembra vano segnalarne le pecche. Troppe, per me». Sibillina la replica di Castagnetti: «La singolare gravità dei tempi che stiamo vivendo mi inibisce la temerarietà che evochi. Spero ne comprenda le ragioni».

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