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Lavoro, il vero problema è la carenza di manodopera

Landini contro la precarietà ma i contratti stabili sono un obbligo perché i pensionati sono quasi maggioranza

Lavoro, il vero problema è la carenza di manodopera

Forse la Cgil di Maurizio Landini e la segretaria del Pd, Elly Schlein, non se ne sono accorti. Agitano lo spauracchio di un'impennata del «precariato», ma il mercato del lavoro in Italia è ormai molto diverso da come lo dipingono. Economia in salute e carenza strutturale di personale stanno alimentando un progressivo aumento del lavoro a tempo indeterminato. E di certo non può bastare l'ampliamento del tetto all'uso dei voucher per alcune specifiche categorie e una semplificazione delle causali sui contratti a termine fino a 24 mesi a innescare la supposta ondata di precarietà. E, se anche fosse, bisognerebbe sottolineare anche l'effetto opposto degli sgravi per l'assunzione a tempo indeterminato dei percettori di reddito di cittadinanza o dei Neet, ovvero i giovani che non studiano e non lavorano (erano anche loro nello stesso decreto, con il taglio al cuneo fiscale).

C'è poi un altro aspetto: l'Italia lo scorso mese ha raggiunto il record storico di occupazione al 60,9% con 297mila posti in più nell'ultimo anno, di cui 22mila a marzo. Dei 18,3 milioni di lavoratori dipendenti, poi, l'83,6% (15,3 milioni) ha un contratto di lavoro a tempo indeterminato. I dati dell'Osservatorio sul precariato Inps hanno evidenziato che nel 2022 (fino a novembre) ci sono stati oltre 1,3 milioni di nuovi contratti a tempo indeterminato, +21% rispetto all'anno prima. Insomma, c'è una tendenza di fondo marcata dettata da svariati fattori. Tant'è che negli ultimi anni le aziende fanno sempre più fatica a trovare persone, in parte per mancanza di competenze, ma anche per un'offerta sempre più limitata a livello numerico.

E non è così solo da noi: ammonta al 3,1%, secondo gli ultimi dati di Eurostat, la percentuale dei posti vacanti in Europa. In Italia la situazione non è troppo diversa: basti pensare che l'anno scorso si sono registrate circa 2,2 milioni di dimissioni, ovvero il 13,8% in più rispetto all'anno precedente. E i posti vacanti a fine 2022 erano il 2,3% per l'Istat. «Ci sono parecchie aziende che, negli ultimi tempi, hanno faticato ad attrarre e trattenere talenti e questo rappresenta un grosso problema», dichiara Silvia Movio, director di Hunters, società di ricerca e selezione di personale. «Non parliamo di offerte di lavoro fantasma, con stipendi ridicoli e zero tutele nei confronti dei lavoratori, ma di opportunità di carriera spesso davvero molto interessanti». Secondo la titolare del ministero del Lavoro, Marina Elvira Calderone, oggi in Italia ci sarebbero «un milione di posti di lavoro che non riusciamo a coprire».

Non è poi da trascurare una dinamica demografica fortemente sfavorevole, soprattutto in Italia: secondo un rapporto di Inps, infatti, l'età media della forza lavoro in Italia è salita dai 35,8 anni del 1985 ai 42,7 anni del 2019. Questo porterà gradatamente a squilibrare il rapporto tra occupati e pensionati. In 39 province d'Italia (37% del totale) è già così: come riporta Il Sole 24 Ore, i numeri peggiori si trovano a Reggio Calabria e Catanzaro con 67 persone attive ogni 100 pensionati. Ma anche Palermo (84 su 100) e Napoli (96 su 100) sono in affanno, segno che il Meridione sta soffrendo maggiormente lo spopolamento e l'invecchiamento della popolazione.

Per concludere: dinamismo del mercato del lavoro, scarsità di manodopera a tutti i livelli, calo demografico faranno sì che molte aziende cercheranno di trattenere e attrarre i lavoratori, magari migliorando le proposte.

Insomma, non esattamente i presupposti per un'ondata di precarietà.

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