Usare la sconfitta umbra per riprendere il controllo del Movimento. Come previsto, l'esito disastroso del voto ha fatto montare la fronda contro Luigi Di Maio. Ma c'è un altro effetto, solo apparentemente collaterale: il leader ottiene di bocciare l'alleanza organica con il Pd, che non gli è mai piaciuta e che ha promosso Giuseppe Conte a perno del patto di governo. E rilancia il modello del «contratto» che vedeva Conte mero esecutore e i capi politici alleati (che allora erano solo lui e Salvini) a tirare le fila.
A far riflettere è la rapidità della reazione di Di Maio. La sconfitta era ampiamente prevista dai vertici grillini. Ma sorprende che il capo politico abbia tratto le conclusioni già nella notte, a dati elettorali ancora provvisori, con un post anonimo sulla pagina Facebook ufficiale del M5s i cui contenuti ieri sono stati puntualmente ribaditi da Di Maio sui social e in tv. Il voto in Umbria, ha spiegato «certifica che l'esperimento» delle alleanze sul territorio «non ha funzionato». Ma Di Maio va oltre, gettando un'ombra sulla vita stessa dell'esecutivo: «È emerso che sia che stiamo con il Pd al governo, sia che con la Lega al governo, il Movimento perde consenso». Un annuncio di rottura? Non a breve. Di Maio anzi dice che lavora per «far durare tre anni il governo» (come diceva anche in epoca gialloverde) ma con «un programma di governo più dettagliato» che indichi «anche le cose che non vanno mai fatte». Il leader cita esplicitamente come modello il Contratto di governo. L'Umbria è stato un fallimento inevitabile ma pilotato? Tra i parlamentari grillini più critici certe parole del leader sollevano più di qualche sospetto: «Era troppo tempo che si sosteneva che andando insieme (al Pd, ndr) avremmo rappresentato un'alternativa», ha spiegato il capo politico. L'alleanza, che mai l'ha entusiasmato Di Maio «andava tentata, ora sappiamo che non è la soluzione». Il leader sa che ora dovrà fronteggiare una nuova contestazione tra i parlamentari grillini e indica la direzione di un M5s «terza via, che va oltre la destra e la sinistra». Nelle prossime ore giocherà le sue carte. Presto arriverà l'annuncio ufficiale che in Emilia si corre da soli e, molto probabilmente, anche in Calabria. Per smontare la fronda interna che mette nel mirino Di Maio e il suo inner circle accentratore, sarà nominato il «team futuro», una sorta di segreteria politica composta da dodici «facilitatori» nazionali e una settantina territoriali. Ma non sono chiari né i criteri di nomina, né i reali compiti.
Il rischio che si tratti di una manovra di facciata è alto. E tra i parlamentari grillini c'è chi ora contesta apertamente. Il più duro è Mario Michele Giarrusso: «Ogni volta che un attivista vede uno Spadafora, un Buffagni o una Castelli, viene colto da conati di vomito e fugge via disgustato». Il primo banco di prova sarà in settimana un nuovo tentativo di eleggere il capogruppo alla Camera. Di Maio finora non è riuscito a imporre suoi candidati.
L'esito dello scontro misurerà la forza del capo e dirà se la leadership può essere ridimentionata. La pattuglia grillina alla Camera è pessimista: «Non vorrei -dice al Giornale la deputata umbra Tiziana Ciprini -che la terza via di Di Maio fosse il Sunset Boulevard».
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