Dagli altari alla polvere, in poche settimane. Questo sembrerebbero anticipare gli exit poll e le prime proiezioni che, se confermate, siglerebbero la più grave sconfitta alle Politiche di un presidente appena eletto. L'effetto di trascinamento delle Presidenziali, dove Macron aveva aumentato i voti di cinque anni prima, stavolta non è scattato. Certo, il suo partito è comunque il primo e quindi la coabitazione con Mélenchon non avrà luogo, certo il Parlamento in Francia pesa relativamente: però dalle urne esce un Presidente molto più che dimezzato. Due, diremmo a una prima analisi, le cause della sconfitta. La prima è che, in assenza di Macron, il suo partito non esiste. Nel senso che si tratta di una formazione politica di plastica, per nulla radicata sul territorio, popolata da giovani ambiziosi più nella tracotanza che in altro, di signore dei beaux quartiers che si vantano di girare in Porsche e di tecnocrati non brillantissimi. Quando non esisti nei collegi, in un sistema spietato come il doppio turno, non puoi che cedere di fronte a figure assai più presenti, dalla sinistra ai neo gollisti fino ai lepenisti. Il primo responsabile di questo è ovviamente Macron stesso, che in cinque anni non ha voluto costruire un vero partito. Forse era impossibile, ma neppure ci ha provato. La seconda ragione sta nell'aver sbagliato clamorosamente, sempre Macron, la campagna elettorale. Mentre è rimasto all'Eliseo grazie a un elettorato di centro destra, il giorno dopo la vittoria alle Presidenziali gli ha girato le spalle: ha nominato un governo di sinistra, con punte persino di estrema sinistra woke, convinto di poter sottrarre acqua al mulino di Mélenchon. Ma la sinistra non si è lasciata ingannare da qualcuno che ha indossato il berretto frigio rosso solo all'ultimo, e infatti ha plebiscitato l'alleanza, assai spuria, raccolta dal tribuno Mélenchon. E la destra, cioè l'elettorato moderato, si è sentita tradita, e ha votato per i Républicains e ancora più massicciamente per i lepenisti: non a caso entrambi sono accreditati di un consenso superiore alle aspettative.
A questo punto, Macron, se vuole governare con la maggioranza assoluta (ma potrebbe farlo anche con quella relativa, come accaduto in alcuni casi nel passato) dovrà per forza allearsi con la destra repubblicana, guidata ora dalla combattiva ex ministra di Sarkozy, Rachida Dati. Nominando così un governo di centro-destra, cosa che avrebbe già dovuto fare all'indomani della sua rielezione, se il suo cerchio magico, popolato di tecnocrati socialisti, non lo avesse portato fuori strada.
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