Con l'effetto Superbonus il deficit sbanda all'8%. Le imprese: troppi errori

L'Istat inserisce i crediti nel disavanzo pubblico. Giorgetti: "Indispensabile avere i conti a posto"

Con l'effetto Superbonus il deficit sbanda all'8%. Le imprese: troppi errori

Effetto Superbonus 110% sul deficit/Pil 2022. L'Istat ieri ha reso noti il nuovo computo del rapporto sulla base delle indicazioni Eurostat che considerano i crediti di imposta come immediatamente «pagabili» e, dunque, ascrivibili a deficit. Finora tali spese erano considerate «non pagabili» e, pertanto, valutate come minori entrate senza incidenza immediata sui conti pubblici. Per effetto del ricalcolo il deficit/Pil italiano si è attestato l'anno scorso all'8% contro le stime della Nadef del 5,6%. Il nuovo standard contabile ha portato anche a una revisione peggiorativa dei dati 2020 e 2021, pari rispettivamente a -0,2 punti percentuali (da -9,5 a -9,7%) e -1,8 punti (da -7,2% a -9%).

Complessivamente nel triennio il disavanzo pubblico si è appesantito di 83,6 miliardi di euro, cifra distante dai circa 110 miliardi di costo complessivo dei vari bonus edilizi, ma sufficiente a mettere in sicurezza i conti considerato che il Patto di Stabilità è sospeso. «Il governo con trasparenza, coerenza e responsabilità è impegnato ad assicurare un'uscita sostenibile da misure non replicabili nelle medesime forme», ha commentato il ministero dell'Economia. «La correzione delle norme sui bonus edilizi è stato l'indispensabile presupposto a tutela dei conti pubblici per il 2023, invertendo una tendenza negativa certificata dall'Istat», ha aggiunto il dicastero guidato da Giancarlo Giorgetti ribadendo che «il governo è al lavoro per risolvere il grave problema di liquidità finanziaria delle imprese ereditato da imprudenti misure di cessione del credito non adeguatamente valutate nei loro impatti».

Per le parti sociali, tuttavia, il tempo è già scaduto. Ieri il direttore generale di Confindustria, Francesca Mariotti, in audizione in commissione Finanze della Camera sul dl Superbonus ha rilevato che la necessità di evitare l'esplosione del deficit non è giustificazione sufficiente per «le modalità con cui è stato attuato il repentino blocco delle operazioni di sconto in fattura e cessione» perché «ha minato la capacità di programmazione e lo spazio di investimento di tutti gli operatori coinvolti». Quindi, pur riconoscendo che il governo Conte II ha varato una norma senza valutarne appieno i costi, anche «i recenti interventi necessiteranno, a loro volta, di ennesimi correttivi».

La scelta effettuata dal governo Meloni per mettere in sicurezza i conti prefigura un margine limitato per la modifica del decreto. La cessione dei crediti potrà essere prorogata per incapienti, Comuni terremotati, onlus e istituti case popolari. I costruttori dell'Ance e l'M5s di Giuseppe Conte sono però sullo stesso fronte: se i crediti sono già stati contabilizzati, «possono e devono essere pagati subito alle famiglie e alle imprese dell'edilizia», ha dichiarato l'ex presidente del Consiglio.

L'Istat ieri ha anche aggiornato la stima del Pil 2022 rivedendola al ribasso da +3,9% a +3,7. A trascinare la crescita è stata soprattutto la domanda nazionale al netto delle scorte, mentre la domanda estera e la variazione delle scorte hanno fornito contributi negativi. Dal lato dell'offerta di beni e servizi, il valore aggiunto ha segnato crescite nelle costruzioni (grazie al Superbonus) e in molti comparti del terziario (ripresa del turismo), mentre ha subito una contrazione nell'agricoltura.

Allarmato l'Ufficio studi di Confcommercio che ha fatto notare «la crescita di 1,2 punti percentuali della pressione fiscale, portatasi nel 2022 al 43,5% rispetto al 42,3% del 2019: si tratta del record assoluto dal 1995». Il rapporto debito/Pil è sceso invece al 144,7% dal 149,8% del 2021, un dato migliore rispetto alla stima inclusa nella Nadef che, per il 2022, indicava un calo più moderato al 145,7 per cento.

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