Milano A mezzanotte è scaduto l'ultimatum per Tosi, ma c'è ancora un giorno di tempo. Dopo una giornata di trattative, telefonate, prove di mediazione a partire dal vecchio Umberto Bossi, che presiede il comitato disciplinare della Lega, quello che ratifica le espulsioni, si sceglie di aspettare altre 24 ore. È un braccio di ferro psicologico tra via Bellerio e il segretario della Liga Veneta, a chi molla per primo. La Lega di Salvini tira la corda per far accettare a Tosi le sue condizioni (un commissario elettorale in Veneto, il divieto di una lista personale di Tosi, e l'incompatibilità tra la sua Fondazione e il Carroccio e nessuno della Fondazione candidato alle amministrative), evitando così di mettere alla porta Tosi e farsi accusare di averlo cacciato. Tosi, al contrario, spinge nell'altro verso, per far recedere via Bellerio dai diktat, o in alternativa trasformarsi in martire del centralismo di Milano. A quel punto Tosi si candiderà, sfidando Zaia, e cavalcando la battaglia dell'autonomia del Veneto, violata dal Carroccio: un tema che potrebbe funzionare in una campagna elettorale. E che diventerebbe un problema per la Lega, che non può rischiare di perdere il Veneto, terra madre per il Carroccio. Agli strattoni del braccio di ferro, dunque, si alternano segnali opposti. In radio Flavio Tosi fa gli auguri di compleanno a Salvini, che ricambia mandando al sindaco «gli auguri per una vita felice, serena e sorridente». Come dire: proviamo a evitare la guerra. Tosi aspetta «con molta serenità» dal suo ufficio: «Se non viene modificata l'impostazione data dal consiglio federale, l'espulsione scatta in automatico: avendo deciso di mantenere fede all'impegno con la Fondazione, uno decade da militante, quindi da tutte le cariche interne». E in via Bellerio i vertici ribadiscono l'incompatibilità tra la Lega e la fondazione politica di Flavio Tosi.
«Bossi - racconta il sindaco - ha provato a trovare una soluzione e una mediazione sulle liste. In questi giorni ho costantemente sentito Roberto Maroni, mentre Salvini mai. E se si torna al rispetto dello statuto, ovvero che sia Liga Veneta a decidere la composizione delle liste per il Veneto, non c'è problema». Se invece l'esito sarà l'espulsione, allora «a quel punto farei ciò che ritengo meglio. Anche candidarmi a governatore». Altrimenti, da comune elettore, alle regionali chi votererebbe, Zaia? «Dipende da quello che succederà. Si può votare un candidato, un altro oppure non votare».
Molti nel Carroccio si libererebbero volentieri di Tosi, ma sotto elezioni può diventare una mina vagante pericolosa. Perciò, anche da chi non lo ama, arrivano appelli alla pace: «L'avversario non è nella Lega ma al di fuori del movimento, basta con le rivendicazioni personali» chiede il presidente del Veneto e candidato leghista alle regionali Luca Zaia. Come risposta i fedeli di Tosi si danno appuntamento a Verona per il 17. Intanto procede nel Consiglio regionale del Veneto l'emendamento che introduce il ballottaggio nel voto di maggio, un secondo turno che renderebbe preziosi i voti di una eventuale lista Tosi. A presentarlo è l'uomo di Corrado Passera in Regione Veneto, il consigliere Diego Bottacin, ex Pd molto vicino al sindaco di Verona. «Sono fiducioso che possa passare» spiega, dopo aver fatto i calcoli sui gruppi e consiglieri che potrebbero appoggiare il ballottaggio. Il Pd ha provato due volte a inserire il doppio turno nella legge elettorale regionale, mentre i centristi Udc e Ncd sono favorevoli (il presidente del Consiglio regionale, Ruffato del Ncd, ha già detto che sosterranno la candidatura di Tosi). Quanto al Pd, il vicepresidente del gruppo, Stefano Fracasso, sembra frenare: «È vero che noi siamo favorevoli al doppio turno, ma inserirlo adesso darebbe adito a dietrologie».
Certo, se poi arrivasse l'ordine di scuderia da Palazzo Chigi, i dubbio potrebbero svanire. Visto che il ballottaggio, con le incognite sulle mosse di Tosi, è l'unica vera chance per il Pd di strappare il Veneto alla Lega.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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